Stando alle statistiche ben sei persone su dieci a cui viene diagnosticato un tumore danno un giro di vite alla propria alimentazione: i primi a essere eliminati sono alcolici, carne rossa e salumi, bibite zuccherine e dolci, zucchero in generale, latte e latticini. Seguendo poi le teorie legate alla dieta mima-digiuno, che in combinazione con la chemioterapia aiuterebbe il sistema immunitario a riconoscere e uccidere le cellule maligne, c’è chi si spinge all’estremo e tenta di affamare il cancro, mettendo persino a rischio la propria vita. «In realtà uno stato nutrizionale ottimale durante e dopo le cure oncologiche è molto importante per il successo delle cure e il ritorno a una vita attiva – sottolinea Stefania Gori, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e direttore del dipartimento oncologico all’ IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) -. Molti pazienti purtroppo mostrano una perdita di peso involontaria, non pochi rischiano la malnutrizione, e questo comporta l’impossibilità a completare i trattamenti anticancro, oltre naturalmente a indebolirli. Il che non facilita certo la battaglia contro la malattia».
Quali sono i presupposti della dieta mima-digiuno contro il cancro?
«Durante il digiuno (inteso come assunzione solo di acqua) il nostro corpo affronta varie fasi per adattarsi alla situazione – spiega Gori -: prima utilizza le riserve di zuccheri presenti nei muscoli e nel fegato, successivamente è costretto a sintetizzare lo zucchero necessario alla sopravvivenza (un processo chiamato gluconeogenesi). Allo stesso tempo, però, il corpo attua un’importantissima risposta, evolutivamente significativa perché ci ha permesso di superare periodi di grande carestia, consentendo l’utilizzo dei grassi come fonte principale di energia. Tanto che col passare del tempo e dopo parecchi giorni di digiuno lo stesso cervello può lavorare “alimentato a grassi” più che a zuccheri».
Esistono studi scientifici sul digiuno nei malati di cancro?
«Ci sono dati, ancora molto preliminari, di migliore tolleranza alla radioterapia e alla chemioterapia se, nei giorni antecedenti il trattamento (chemioterapico o radioterapico), il paziente si sottopone al cosiddetto fasting, cioè a una riduzione forzata dell’apporto calorico – spiega l’esperta -. Il fasting in questo caso però è provvisorio e non continuo, poiché non c’è alcun dato né alcuna validità scientifica che dimostrino che il digiuno di per sé rappresenti la cura del tumore. Al contrario, un digiuno prolungato in situazioni di alto consumo calorico, come accade anche in caso di malattia tumorale, comporta una rapida perdita della massa muscolare, vista l’assenza di altre sorgenti energetiche».
Allora è meglio digiunare durante o prima di fare chemio e radio?
«Il digiuno prolungato è controindicato nei pazienti oncologici – sottolinea Gori -. È importante che tutte le persone colpite da tumore, che stanno affrontando un percorso terapeutico costituito spesso da trattamenti impegnativi e potenzialmente tossici (come la chemioterapia e la radioterapia), si affidino con fiducia ai consigli dell’oncologo, anche in tema di nutrizione. Va raccomandata l’adozione di una dieta equilibrata, ricca di frutta e verdure e povera di zuccheri semplici e grassi. Non esistono prove che una dieta ricca di grassi, a discapito degli altri nutrienti, abbia effetti benefici o protettivi nei pazienti che hanno sviluppato un tumore. I grassi fanno bene in piccola quantità, liberando energia quando l’organismo ne ha bisogno, così come le proteine servono per i ricambi cellulari. È invece molto allarmante l’espansione del mercato dei regimi dietetici alternativi ipocalorici ad effetto anti-cancro che vengono proposti da centinaia di libri e siti web, nonostante la mancanza di qualsiasi evidenza scientifica a supporto. Siamo di fronte a un problema molto serio: questi regimi, potenzialmente ipocalorici, favoriscono l’insorgenza di malnutrizione e possono interferire con la corretta somministrazione della terapia antineoplastica».
È vero che ciò che alimenta la persona nutre anche il tumore?
«No, non è vero – dice Gori -. E’ stato osservato che un introito eccessivo di calorie e l’obesità sono associati a un aumentato rischio di sviluppare alcuni tumori: della mammella in post-menopausa, dell’esofago, della vescica, del rene, dell’endometrio, ad esempio. È invece vero che, dopo l’intervento chirurgico per questi tipi di tumore, la perdita di peso nei pazienti obesi, il mantenimento del peso ideale con una dieta adeguata (non certo il digiuno) e un’attività fisica regolare sono stati collegati a una riduzione del rischio di recidiva negli anni successivi».
Se il malato si mette a dieta crescono le possibilità di vincere la malattia?
«No, la relazione tra sovrappeso, obesità e rischio di tumori non deve essere confusa con l’effetto del digiuno nei pazienti oncologici – precisa la presidente di Aiom, che insieme a Fondazione Aiom ha realizzato un sito per contrastare le false notizie che circolano sul cancro -. I malati devono mantenere un regime alimentare adeguato che garantisca un sufficiente apporto calorico, per poter affrontare il percorso di cura. Il digiuno prolungato può essere deleterio nei pazienti oncologici e determinare danni anche molto gravi, specie durante trattamenti specifici come lachemioterapia (che può causare talora disidratazione, alterazioni elettrolitiche e disturbi metabolici). La malnutrizione comporta un maggior tasso di ospedalizzazione e tossicità, una minore risposta ai trattamenti chemio e radioterapici e un peggioramento della qualità di vita e della prognosi. Se è ormai assodato che il calo di peso prima di un intervento chirurgico comporti un maggior rischio di complicanze post-operatorie e un aumento della mortalità, anche il calo ponderale che si verifica durante i trattamenti chemio-radioterapici è stato collegato a un’aumentata tossicità e a una significativa riduzione della sopravvivenza».