Lo scorso sabato il tennista Jannik Sinner si è accordato con l’Agenzia mondiale antidoping (WADA) per una squalifica di tre mesi dopo che, nel marzo del 2024, era risultato positivo a una sostanza vietata, il clostebol. In questo modo ha evitato di attendere la sentenza del Tribunale arbitrale internazionale dello sport (TAS) prevista per il 16 e 17 aprile, nella quale avrebbe potuto ottenere sia una completa assoluzione sia d’altro canto una squalifica ben superiore, visto che nel ricorso al TAS la WADA chiedeva almeno un anno.
La stessa WADA, come in precedenza aveva stabilito un tribunale indipendente interpellato dall’International tennis integrity agency (ITIA), ha riconosciuto che Sinner è risultato positivo a seguito di una contaminazione involontaria, avvenuta tramite un farmaco cicatrizzante utilizzato dal suo fisioterapista per curarsi un dito. Per motivare la squalifica (e prima il ricorso) lo ha però giudicato «responsabile della negligenza del suo staff», andando contro il giudizio del tribunale che aveva assolto Sinner con la formula «senza colpe o negligenze»: è quella che viene usata quando si ritiene che l’atleta abbia fatto tutto ciò che poteva per assicurarsi di non aver assunto una sostanza vietata. Per la WADA – ed è un approccio che in passato è già stato contestato – un atleta è praticamente sempre responsabile di ciò che accade al suo corpo.
Dopo la notizia del patteggiamento, sui media e tra commentatori e giocatori è nato un dibattito sulle modalità con cui è avvenuto il processo. C’è chi ritiene che qualsiasi squalifica a Sinner sia ingiusta, anche una relativamente breve, dato che nessuno degli enti che doveva giudicarlo ha mai sostenuto che abbia intenzionalmente assunto una sostanza per migliorare le sue prestazioni; e poi c’è chi pensa che Sinner abbia quantomeno ricevuto un trattamento di favore per via della sua influenza, e sostiene che ad altri tennisti nella sua posizione non sarebbe andata così bene.
La squalifica di tre mesi consente in effetti a Sinner di chiudere il caso senza subire possibili conseguenze più gravi: salterà quattro tornei della categoria Masters 1000 e per due mesi non potrà allenarsi in strutture sportive ufficiali e con tesserati (quindi nemmeno con i suoi allenatori), ma non perderà nemmeno un torneo del Grande Slam. È anche molto probabile che quando tornerà, giusto in tempo per gli Internazionali d’Italia (il più prestigioso torneo italiano), sarà ancora al primo posto della classifica mondiale, perché ha accumulato un grosso vantaggio su tutti gli altri. Inoltre, proprio perché né la WADA né l’ITIA hanno ritenuto intenzionale la contaminazione, a Sinner non sono stati cancellati i risultati precedentemente ottenuti, se non quelli di Indian Wells 2024, il torneo che giocò nei giorni in cui fu rilevata la positività al clostebol (arrivando in semifinale).
La risoluzione del caso con la WADA non si può però ritenere una cosa eccezionale, dovuta solo al fatto che Sinner sia il miglior tennista al mondo: dal 2021 il codice della WADA consente agli atleti di patteggiare, a condizione che ammettano di aver violato in qualche modo il regolamento. Sinner ha ammesso di essere responsabile del comportamento del suo staff e la WADA ha quindi deciso di rinunciare al ricorso al TAS, accordandosi per una sospensione di tre mesi. Da quando esiste questa possibilità il patteggiamento è stato usato una dozzina di volte: un portavoce della WADA ha detto a The Athletic che «è più l’eccezione che la regola», dal momento che si è conclusa in questo modo una manciata di processi sulle migliaia che vengono aperti. D’altra parte Sinner ha comunque subìto una sospensione dopo essere stato assolto e giudicato incolpevole.