“Le sue richieste erano talmente pressanti che mi ha accompagnato uno dei miei colleghi a casa, perché anche loro erano preoccupati”. A., 23 anni, è la ragazza che aveva una storia parallela con Impagnatiello (pensando di essere la sola, ndr), in carcere per l’omicidio di Giulia Tramontano, incinta di sette mesi. Agli investigatori racconta di aver avuto paura di Impagnatiello che insisteva per vederla, la sera del 27 maggio, a fine lavoro intorno all’1,30 e dopo che la 29enne Tramontano era già stata uccisa dal compagno nella loro casa di Senago.
La collega di lavoro di Alessandro racconta poi di aver scoperto la relazione dal cellulare e dall’Ipad di lui, ne aveva scoperto le password… Poi l’incontro fra le due quando ormai tutto è chiaro: la doppia relazione, il castello di bugie. “Prima ci siamo messaggiate per un’ora poi ci siamo viste all’Armani e l’incontro è stato davvero cordiale lei mi ha abbracciata e mi espresso tutta la sua solidarietà. Così ci siamo abbracciate di nuovo”.
La “vendetta” di Giulia
“Prima di andare via mi ha detto che Alessandro non avrebbe mai visto suo figlio nascere, che a lei interessava solo suo figlio e la salute di suo figlio. Sarebbe comunque tornata a Senago, dopo il nostro incontro, per parlare con Alessandro e per lasciarlo. Io le ho anche proposto che se ne avesse avuto bisogno poteva venire da me a casa a dormire. Lei disse di non preoccuparmi ringraziandomi. È andata via intorno alle 18.45. Io le avevo scritto su Whatsapp di tenermi aggiornata alle 18.45, ma non mi ha risposto. Alle 20.29 le ho riscritto chiedendole se fosse tutto ok e alle 20.31 ha iniziato a scrivere dei messaggi strani, completamente diversi dal tenore della nostra conversazione”.
Ma facciamo un passo indietro. C’è un passaggio chiave nella ricostruzione dell’italoinglese che mette la donna in guardia. “Sempre domenica – racconta ancora la donna – mentre mi trovavo all’Armani Bamboo, erano circa le 16.52, quando Impagnatiello è uscito dal lavoro. Io ho notato una cosa strana: dal suo zaino spuntavano dei guanti in lattice azzurri che aveva preso dal lavoro per portarli via. Insospettita dalla cosa, ho scattato una foto per tenerla con me. Questa foto adesso serve come prova”