L’angolo della spiritualità: la figura degli angeli nelle religioni

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La figura dell’angelo come la intende la tradizione cristiana è collocabile solo nel quadro di un rigoroso monoteismo. Non mancano però somiglianze con analoghe figure presenti in tutte le religioni, con significati diversi a seconda del contesto religioso (animista, dualista, politeista) in cui si collocano.
La storia delle religioni ci mostra una ricca tipologia di queste figure anche se è necessario ricorrere all’analogia.

Nelle religioni dualistiche e politeiste del passato e del presente si parla spesso oltre che di divinità buone e cattive anche dei loro mediatori o inviati; la distinzione tra divinità e i loro mediatori non è sempre netta. Questa condizione è presente presso gli assiri, i babilonesi, gli egiziani e nel politeismo greco, etrusco e romano.

Nelle religioni mesopotamiche del II millennio a. C, in seguito al passaggio dal politeismo al monoteismo, troviamo un gran numero di entità trascendenti, raffigurate come animali alati (draghi, leoni, karibù). Esse sono forze cosmiche che hanno il compito di garantire l’ordine celeste e terreno: reggono il sole e le stelle, i singoli individui (ogni uomo è accompagnato da uno spirito protettore che lo difende dagli attacchi dei demoni, l’ilu).
Anche la religione egizia presenta qualche divinità che non è molto diversa dalle figure angeliche, un esempio è costituito dalla divinità Bes.

Le religioni animiste hanno in comune la credenza in un Dio supremo che dispone di agenti e messaggeri che possono entrare in contatto con gli uomini in sogno o in alti modi. In questo caso è lo sciamano, quale portatore dei poteri sacri, ad essere il solo che può entrare in contatto con gli spiriti messaggeri. Gli indiani d’America affidano spesso la preghiera al loro angelo custode, che le porta al grande Spirito. In India, l’universo è concepito come una gerarchia di forze perennemente in azione, venerate dai fedeli.

La predicazione del Buddha afferma che gli spiriti che popolano l’universo non influiscono sulla vita degli uomini, nelle credenze popolari queste entità possono aiutare i loro devoti nelle varie circostanze della vita.

Nel vedismo, che include le religioni più popolari e primitive dell’induismo, esiste la credenza in una molteplicità di spiriti che hanno a che fare con il funzionamento dell’universo e con la vita dell’uomo. Questi spiriti contribuiscono a mantenere l’ordine cosmico e sono dotati di caratteristiche e poteri che trascendono l’esperienza umana: possono rendersi invisibili o assumere forme diverse, leggere nel pensiero, trasformare le dimensioni degli oggetti, annullare la legge di gravità e alcuni di essi sono spiriti-guida.

La Bibbia ebraica, non dimostra un specifico verso gli angeli in se stessi ma ne parla in relazione a un contesto di verità più vaste e decisive. In un primo tempo gli angeli sono semplici figure o controfigure di Jahvé (esseri teofanici), quando il monoteismo si consolida, essi assumono contorni propri di entità distinte da Dio (1).
L’idea degli angeli come intermediari sembra entrare nella Bibbia attraverso la tradizione elohista (2) che allontana Jahvé per farlo abitare nel monte Oreb.
Nel corso della storia ebraica dalle origini fino al nuovo testamento si possono distinguere diverse fasi evolutive. La prima, corrisponde al consolidamento del monoteismo e cerca di evitare il più possibile le figure degli angeli. Essi sono comunque presenti in quasi tutti gli scritti di questo periodo: nella storia di Abramo gli angeli compaiono più volte: l’angelo consola Agar ingiustamente allontanata dalla gelosia di Sara (Gn 16,7-12; 21,17); tre angeli promettono un figlio ad Abramo e uno non gli permette di sacrificarlo (Gn 18,1-37 e Gn 22, 1-14); degli angeli proteggono la moglie e le figlie di Lot a Sodoma (Gn 19’1-25); nella storia di Giacobbe c’è il sogno della scala che sale dalla terra al cielo percorsa da angeli (Gn 28,10) e alla lotta con l’angelo durata una notte intera; nel Libro dell’Esodo l’angelo: appare a Mosè nel roveto ardente (Es 3,1-33); stermina i primogeniti d’Egitto, protegge Israele nel passaggio del Mare Rosso (Es 23,20); guida il popolo nel deserto (Es 23,20; 32,34 33,2).
Il mal’ak Jahvé (l’ “angelo di Jahvé) in questi testi sembra identificarsi con Dio stesso e riguardo questo argomento si sono scontrate diverse teorie: per Agostino e Girolamo l’angelo è un rappresentante di Dio (teoria della rappresentanza); per Origene è Dio stesso che si rende visibile in certi momenti (teoria dell’identità); per altri l’angelo è frutto di correzioni ai racconti originari delle teofanie per non compromettere la trascendenza Di Dio (teoria dell’interpolazione) (Panteghini, 1997).

Una seconda fase comprende i secoli XIII e XII a.C., caratterizzati dalla sedentarizzazione del popolo di Israele e dalla costruzione del tempio. In questo periodo alla tradizionale funzione di messaggeri, gli angeli aggiungono quella di guide del popolo (a Giosuè appare un angelo “principe dell’esercito di Jahvé” (Gs 5,13-15).
Durante il periodo della monarchia si diffonde l’idea anche Dio disponga di un proprio regno, con una sua corte e un suo esercito, si parla allora dei cherubini, come di angeli preposti a sorveglianza del regno celeste (queste figure richiamano quelle degli assiri e poste a difesa delle città e dei templi) e di serafini (da saraf, bruciare) come angeli della contemplazione. Quanto più aumenta lontananza del trascendente dall’uomo, tanto più cresce il bisogno di intermediari per conoscerne le verità, ecco perché si assiste all’aumento del numero degli angeli e delle loro funzioni.

Durante l’esilio babilonese, la lontananza da Gerusalemme e dal tempio rende ancora più acuto il bisogno di mediatori celesti e terrestri. Ezechiele, che opera in Babilonia intorno al 590-570 a.C., parla di quattro cherubini che accompagnano la manifestazione del Signore (Ez 10,1-23). Da Ireneo in poi, nelle quattro facce di questi angeli (leone, toro, aquila, uomo) si vedranno gli evangelisti.
Nel periodo del ritorno in patria (dopo l’editto di Ciro, del 538 a.C.), il monoteismo, ormai consolidato, apre il varco ad influssi delle religioni assira, persiana, egiziana, greca, romana. La concezione degli angeli, come dimostrano i libri di Giobbe, Daniele, Tobia, gli apocrifi (3) e i deuterocanonici, si arricchisce di figure che possono essere assimilate alle divinità minori delle religioni mesopotamiche. Gli angeli, sono posti nello spazio riservato a Dio che sta sopra la terra, vengono considerati degli “spiriti”, l’assenza del corpo, viene rimarcata la loro condizione di creature e il loro numero aumenta (Dn 7,10). Essi: prestano lode e benedizione a Dio (Sal 103, 20-22 Sal 148, 1-4 Dn 3, 57-90); sono degli inviati presso gli uomini (Cr 21,18 Tb 3,17 Dn 14,34) per proteggerli e guidarli (Dn 3,49 6, 23 Mac 11,6); portano a Dio le preghiere dei credenti (Gb 33,23) e intercedono per loro (Tb 12,15).

La letteratura inter-testamentaria, a differenza di quella canonica, è ricca di speculazioni talvolta contraddittorie, che rivelano comunque il bisogno di una appresentazione concreta del sacro, tendente a costruire una geografia del mondo ultra-empirico, che lo renda il più possibile vicino a quello concreto. Le varie argomentazioni rispondono agli interessi del momento ad esempio si diffonde la convinzione che gli angeli non conoscano l’aramaico, eccetto Gabriele, e ciò per preservare l’uso dell’ebraico almeno nella preghiera.

Fra il secolo II a.C. e il V d.C. si diffondono nella religiosità popolare degenerazioni che sfiorano l’idolatria e in questo periodo si assiste ad un’impressionante espansione di angeli e dei loro nomi (269 negli apocrifi inter-testamentari e 140 nel Libro di Enoch, il più rappresentativo) ad ognuno dei quali viene affidato un compito specifico nel governo della natura.
Nel Nuovo Testamento la presenza degli angeli è: maggiore rispetto all’Antico Testamento; periferica in quanto Cristo è posto al centro della rivelazione; significativa perché accompagna i momenti decisivi della vita di Gesù. Nei Vangeli, gli angeli vengono menzionati in modo specifico nei racconti dell’infanzia e della resurrezione: è l’arcangelo Gabriele ad annunciare la nascita di Gesù e quella del Battista (Lc 1,8-38); è uno stuolo di angeli ad invitare i pastori ad adorare il bambino (Lc 2,8-14), uno appare in sogno a Giuseppe per annunciargli il concepimento di Maria e di fuggire alla strage degli innocenti (Mt 1,8-24; 2,13-15; 2,19-23). Durante la vita di Gesù: gli angeli lo servono dopo l’episodio delle tentazioni (Mt 4,11); nel momento della passione un angelo consola Gesù (Lc 22,43); un altro rovescia la pietra del sepolcro (Mt 28,1-6) e due annunciano alle donne a resurrezione; gli angeli compaiono in occasione dell’ascensione (At 1,10 ss).

Gli angeli sono citati in varie occasioni da Gesù stesso: quando insegna che dopo la resurrezione, gli uomini diventeranno simili agli angeli (Lc 20,34-36), quando afferma che gli angeli custodi dei bambini vedono sempre il volto del Padre (Mt 18,3-6) e che saranno presenti nel giorno del giudizio (in LC Mc Mt); nella parabola del ricco epulone e Lazzaro (Lc 6,22); quando ne parla a Pilato del suo “Regno” (Mt 26,53).
Negli Atti degli apostoli gli angeli hanno la funzione di accompagnare la nascita della chiesa (At 5,18ss; 8,26-40; 10,30) mentre nel libro dell’Apocalisse, ispirato da un angelo, riprende tutti i temi presenti nell’Antico testamento e nella letteratura post biblica riguardo queste figure. Gli angeli: proteggono le varie chiese (Ap 1,4-22); tengono in loro potere le potenze distruttrici e demoniache della natura (Ap 7,1-8; 14,18; 16,5); annotano le azioni degli uomini (Ap 17,8; 20,12); prendono parte al giudizio universale (Ap 8-9; 15-16; 20,1-3); custodiscono le porte della città di Dio (Ap 21-22).
Paolo, nelle sue lettere inviate alle chiese nascenti, pur riconoscendo la funzione degli angeli, dimostra preoccupazione per l’eccessivo culto nei loro riguardi (Col 2,18, Eb 1ss) e lo stessa cosa fa Pietro (Pt 1,12; 3,22).

Nel Corano, come nella Bibbia, si parla spesso di angeli e la loro esistenza è un articolo di fede. L’islam accentua fortemente l’importanza della mediazione angelica per la necessità di conciliare l’assoluta trascendenza di Dio con la sua presenza nel mondo e nella storia. Ogni contatto con Dio avviene attraverso gli angeli e ogni persona trova in loro, specchi di Dio, dei modelli (funzione teofanica dell’angelo). Le creature invisibili, pur avendo la medesima natura, differiscono per grado e funzione e si dividono in tre categorie: gli angeli, i dijnns (geni) e gli shayatin (demoni). Gli angeli, sono creature di natura ignea e luminosa (fuoco e luce simboleggiano la perfezione); hanno vita, parola e intelligenza (Sura 55,15); sono soggetti alla volontà divina e si nutrono di contemplazione; reggono e governano cielo e terra animando le forze della natura (Sura 25,48; 27,63; 30,46; 35,9); sono distribuiti in sette cieli, al di là dei quali vi è una miriade di angeli disposti a cerchio attorno al trono di Dio (Sura 74,34). Le loro funzioni consistono nel pregare Allah e sorreggerne il trono (Sura 69,17; 39,75); custodire il Corano e portarlo verso gli uomini (Sura 81,19; 68,40); essere a guardia dell’inferno (Sura 66,6; 74,31). Riguardo agli uomini: ne sono custodi (Sura 13,11; 6, 61; 41,30), tanto che ve ne sono cinque per ogni uomo, due per il giorno, due per la notte e uno per sempre (Sura 82,10.12; 86,4); aiutano i credenti (Sura 3,125; 8,9); annotano le opere degli uomini (Sura 82,10-12); accolgono i peccatori e li puniscono (Sura 8,50); pregano per i credenti (Sura 33,43.56); chiedono perdono per tutti gli uomini (Sura 4,97; 16,28); presentano a Dio i meriti e le colpe dei defunti (Sura 50,16-26); permettono all’uomo di salire fino a Dio (Sura 56,3-4). Si può facilmente notare che le caratteristiche degli angeli nel Corano non sono diverse da quelle che troviamo nella Bibbia.

Allo stesso modo della tradizione ebraica, anche l’islam ha arricchito quanto è contenuto nel testo sacro e Avicenna (vissuto tra il 980 e il 1037) è uno tra i maggiori pensatori mussulmani che hanno approfondito il discorso. Egli divide gli angeli in due categorie: quelli di natura spirituale e puramente intellettuale (intelligenze celesti) e quelli che governano il moto degli astri (anime motrici degli astri). Nel Libro dell’ascensione celeste, pone l’accento sulla funzione mediatrice dell’angelo: solo attraverso l’intervento angelico le menti elette possono sciogliere tutte le incertezze. La concezione di Avicenna si allontana dall’affermazione cristiana perché vi è sostanziale coincidenza tra mediazione angelica ed essenza divina. Nel racconto Il fruscio delle ali di Gabriele del mistico iraniano Sohravardi, si riscontra un forte influsso dello zoroastrismo quando identifica nell’arcangelo Gabriele il “padre” dell’umanità che permette l’accesso a tutte le conoscenze. Sohravardi inoltre elabora una gerarchia angelica non dissimile da quella della tradizione cristiana.

Gli angeli sono figure presenti in quasi tutte le religioni del mondo e non sono espressione dello “specifico cristiano”. Il fatto che le stesse raffigurazioni bibliche di queste entità sono debitrici, almeno in parte, ad altre culture e religioni e la cautela con cui vengono introdotte nella rivelazione biblica, inducono a chiedersi che cosa rappresentino, queste figure periferiche, che spesso diventano oggetto di speciale attenzione.

 

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