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Gentile dottore, le racconto brevemente la mia tragedia: sposato felicemente e con un bimbo piccolo, la mia vita si è capovolta in un attimo, come la mia auto. Slitto sull’asfalto bagnato e finisco fuori strada, io mi salvo, mia moglie sbatte la tempia e muore sul colpo, mio figlio a casa con i nonni, per fortuna. Accadeva 1 anno fa. Ogni giorno da allora mi chiedo se vivere o no, poi decido di sì e continuo un altro giorno. Gli amici mi consigliano un aiuto, uno specialista mi diagnostica la depressione, mi lascia sulla porta dicendomi: pensi ad una rinascita. Ma che vuol dire?
Aldo, Giugliano
In certi momenti più che lasciarsi andare a una definizione diagnostica fredda e distaccata del dolore, sarebbe opportuno mettersi all’ascolto della persona che soffre. In questo caso una sofferenza che nasce in nome di un legame d’amore interrotto per sempre, come solo la morte, nel suo essere impietosa, sa fare, presentando la caducità della vita, l’impossibilità di poterla controllare, indirizzare nei luoghi dove vorremmo abitare. Non è semplice prendersi cura dell’altro, entrare in contatto con le sue emozioni, per poterle riconoscere.
Proviamo ad immaginare quello che si prova in una situazione del genere: si è presi dallo sgomento solo a pensarci.
La persona che soffre non parla, vuole stare da sola nella sua fragilità, lasciandosi avvolgere dalla coperta del dolore, in uno stato d’ intimità simile a quello che dava l’abbraccio della persona amata. Questo è il motivo che spinge verso l’unico desiderio presente: un desiderio di morte, per non separarsi, per rimanere con l’altro per sempre. Si è soli con la propria angoscia, una solitudine dell’anima, come quella che compare di notte, il cui grido rimane senza risposta. Il lutto va elaborato con i tempi che occorrono, individuali per ognuno di noi. È un lavoro lungo che avviene attraverso la memoria, i ricordi, il vissuto con la persona amata e perduta. Tutto torna alla mente nella sua nitidezza, nelle emozioni, nei particolari insignificanti. Percorso non facile, ma indispensabile, per integrare dentro di sé colui che è andato via per sempre, per farlo diventare parte propria, presente, che torna in vita attraverso piccole sfumature, che solo chi ha vissuto la perdita saprà poi riconoscere, perché riuscirà a comprendere che anche nell’assenza si potrà percepire la presenza di chi abbiamo perso.
Dott. Raffaele Virgilio, psicologo e psicoterapeuta
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