La gabbia dell’aula giudiziaria è stracolma. Il totale degli imputati presenti è di ventuno. Siamo alla terza udienza ed è un processo che si sta svolgendo con il rito abbreviato. Ormai è agli sgoccioli, il 1 dicembre c’è la sentenza per un’organizzazione criminale ritenuta, dalle forze dell’ordine e dagli inquirenti, tra le più forti del centro storico di Napoli: il clan Contini. Zona Vasto e Arenaccia il raggio d’azione. Gli elementi di spicco sono Ettore Bosti, difeso dall’avvocato Dario Vannetiello; Antonio Aieta di 59 anni, colui che ha preso le redini al posto di Eduardo Contini (attualmente in carcere) ed il ras del rione Sanità, il 37enne Vincenzo Tolomelli della storica famiglia alleata con i Vastarella. E a loro che è contestato, innanzitutto, il comando di un grosso sodalizio con lo scopo di trafficare stupefacenti attraverso canali diretti dall’Olanda, Spagna e Colombia. Ai loro ordini tanti ragazzi pagati a settimana per il controllo del territorio e la vendita al dettaglio.
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Siamo nella quarantaduesima sezione del giudice dell’udienza preliminare (gup), aula 111, presieduta da Claudia Picciotti. L’impianto accusatorio del pubblico ministero Ida Teresi, del pool anticamorra sotto la guida degli aggiunti Filippo Beatrice e Giuseppe Borrelli, si fonda sul materiale probatorio delle intercettazioni telefoniche e anche sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: Vincenzo De Feo, Mario Lo Russo, Carmine Esposito e Maurizio Overa. Il pm, proprio sulla scorta di questi nuovi elementi ha chiesto l’acquisizione, in relazione all’articolo 441 (giudizio abbreviato) del codice di procedura penale, delle rivelazioni d’ accusa.
Dando uno sguardo al recente passato l’operazione che portò agli arresti si svolse a marzo scorso e furono coinvolti personaggi di vari gruppi: i Mallardo, alcune famiglie che fanno parte dell’alleanza di Secondigliano, e i Licciardi. Insomma un esercito del male.
Ma ricostruiamo lo scenario all’interno del quale tutti questi soggetti agivano. Le piazze di spaccio venivano controllate dalle “vedette” armate; un responsabile percepiva 1500 euro a settimana mentre se si era autonomi bisognava pagare una tangente di 700 euro. E dall’inchiesta sono venuti alla luce anche contatti con esponenti della ‘Ndrangheta.
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