Camorra all’ospedale San Giovanni Bosco: arrivano le condanne per i ras dei Contini

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Il gup Campanaro del tribunale di Napoli ha riconosciuto la colpevolezza degli imputati, a vario titolo accusati di camorra, estorsioni, droga e fittizia intestazione di beni, ma non tutte le pene inflitte sono state all’altezza delle aspettative della Dda. Questo, nel dettaglio, il dispositivo pronunciato ieri pomeriggio al termine del processo di primo grado celebrato con la formula del rito abbreviato: 8 anni per Luigi Perrotta e Gaetano Esposito, 7 anni e 8 mesi per Giuseppe Boccelli e Ciro Aieta, 6 anni e 8 mesi per Domenico Scutto, 6 anni e 4 mesi per Gennaro Manetta e 5 anni e 4 mesi in continuazione per Carmine Botta. Quest’ultimo, difeso dagli avvocati Domenico Dello Iacono e Giuseppe Perfetto, ha dunque limitato molto i danni rispetto a quanto chiesto dal pm, che per il presunto reggente dei Contini nella zona di San Giovanniello aveva chiesto ben 15 anni di carcere. Pena tutto sommato mite anche per l’ex consigliere della Municipalità 3 Gennaro Manetta, detto “Maradona”, difeso dall’avvocato Salvatore D’Antonio, che di anni ne rischiava invece dieci. Il gup l’ha infatti condannato come semplice partecipe al clan e non per il ruolo, ipotizzato dai pm in fase di indagini, di organizzatore. Ancora una volta il clan Contini, gestito dai reggenti in libertà e in particolare da Carmine Botta e Gennaro De Luca “’o muntato”, emergeva dalle inchieste della Dda come un’organizzazione potente. Capace di infiltrarsi, secondo alcuni pentiti, persino in associazioni religiose e ambienti di chiesa. L’inchiesta coordinata dai pm Converso e Varone offriva uno spaccato inquietante di camorra, al punto che il gip Colucci definiva “statisti dell’antistato” i vertici finiti del clan Contini finiti nel mirino, ras assoluti a San Giovanniello, Borgo San Antonio Abate, Ferrovia, Vasto-Arenaccia, Stadera-Poggioreale e rione Amicizia, dove si trova il San Giovanni Bosco, già nel 2019 al centro di un’altra indagine della procura. Nella struttura sanitaria: «Il parcheggio era loro, i Contini mi dissero che controllavano anche la mensa e lo spaccio all’interno dell’ospedale», ha messo a verbale Vincenzo Iuorio, ex affiliato ai Sautto-Ciccarelli del Parco Verde di Caivano. Il quale ha raccontato agli inquirenti un episodio del 2018, quando rimase ferita in un incidente stradale una donna parente del suo boss. In quella occasione fu chiesto a Carmine Botta come fare per avere un occhio di riguardo. «Non pagavamo il parcheggio e, quando entravamo nel reparto, alcune persone si mettevano a disposizione, ci davano i camici e ci facevano entrare anche in terapia intensiva», ha riferito Iuorio. Ancora più ficcanti erano poi le dichiarazioni di Teodoro De Rosa, altro nome storico all’interno del clan Contini.

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