A 74 anni, dopo averne trascorso complessivamente 52 in carcere, Renato Vallanzasca esce di galera. Il tribunale di sorveglianza ha accolto le richieste della difesa, avallate anche dalla procura generale, per l’ex bandito milanese: è affetto da Alzheimer e le sue condizioni sono incompatibili con la detenzione.
Vallanzasca sarà trasferito nei prossimi giorni, in regime di detenzione domiciliare, nella Rsa dell’Opera della Provvidenza Sant’Antonio, in provincia di Padova. Struttura, che si occupa di malati di Alzheimer e demenza, individuata nei mesi scorsi dai legali del 74enne, gli avvocati Limentani e Muzzi, e che ha dato la propria disponibilità ad accoglierlo.
Il trasferimento, da quanto si è saputo, avverrà nel giro di qualche giorno, al massimo anche entro un paio di settimane, il tempo di adempiere ad alcune formalità burocratico-amministrative, anche legato alla documentazione sanitaria. I legali si stanno attivando per mandare avanti tutte le pratiche.
Nell’udienza di tre giorni fa, lo stesso pg di Milano Giuseppe De Benedetto si era associato al parere di avvocati e medici chiedendo al tribunale il differimento della pena perché risultava “accertata la condizione di demenza” di Vallanzasca e la sua “incompatibilità conclamata” con il carcere.
Condannato a 295 anni di carcere e a 4 ergastoli
Renato Vallanzasca Costantini, comunemente noto come Renato Vallanzasca è stato una specie di simbolo della criminalità negli anni settanta.
Considerato uno dei più efferati criminali italiani, si è reso autore di numerose rapine a mano armata con omicidi e sequestri di persona; è stato condannato complessivamente a quattro ergastoli e 295 anni di reclusione e ha trascorso 52 anni in carcere.
Più volte arrestato e più volte evaso, a seguito di ogni pestaggio, rivolta o tentativo di evasione, veniva deciso il suo trasferimento dall’istituto di pena in cui si trovava: tutto ciò lo vide cambiare 36 penitenziari, fino a che non escogitò il modo per contrarre volontariamente l’epatite, iniettandosi urine per via endovenosa, ingerendo uova marce e inalando gas propano, con l’intento di essere conseguentemente ricoverato in ospedale.
Da lì, grazie ad una vigilanza meno stretta e con l’aiuto di un poliziotto compiacente, nel 1976 riesce nel suo intento di evadere. Il 23 ottobre dello stesso anno viene ucciso, al casello autostradale di Montecatini, l’appuntato Bruno Lucchesi. Vallanzasca, nonostante un paio di persone si siano autoaccusate del delitto, viene successivamente condannato per l’omicidio al processo tenutosi presso la Corte d’assise di Firenze.