Nell’omicidio di Fortuna Loffredo spunta la pista della pedopornografiia. Video e foto degli abusi venduti a prezzi nemmeno tanto elevati nello stretto giro degli «orchi» che ruotano ancora intorno al parco Verde di Caivano e in quelle metastasi edilizie che sono i quartieri della ricostruzione post terremoto dell’hinterland. Ipotesi prese in considerazione dagli inquirenti nelle prime fasi delle indagini, e poi lasciate cadere perché allora non furono trovati riscontri: ora invece una prima conferma arriva dall’avvocato Paolino Bonavita, che da una settimana ha assunto la difesa di Raimondo Caputo, unico indagato per gli abusi e l’omicidio di Fortuna Loffredo.
«Nel corso delle indagini difensive – dice il legale – ci siamo imbattuti in elementi che portano verso la pista della pedopornografia, gestita da una rete di pedofili nel parco Verde, capaci anche di depistare gli inquirenti, creare ad arte prove false e individuare come colpevoli persone che non hanno nulla a che fare con loro. Perché il business è davvero più remunerativo dello spaccio di droga». Il legale lascia intendere che il suo assistito sarebbe finito in una trappola preparata ad arte per tenere al riparo la rete dei veri pedofili. Un altro colpo di scena, ancora più agghiacciante, in questa vicenda che sembra essere diventata la voragine di un orrore senza fine. Le dichiarazioni di Raimondo Caputo, ben quattro in poche ore, e che ha indicato come responsabile dell’omicidio di Fortuna la sua convivente Marianna Fabozzi , hanno indotto i magistrati della procura di Napoli a fissare per il 9 giuno un suo interrogatorio: non per la morte della bambina ma per quella di Antonio Giglio, figlio della sua convivente, precipitato dal settimo piano dell’isolato 3 un anno prima di Fortuna. I pubblici ministeri della procura di Napoli, che dopo tre anni hanno rispolverato il fascicolo dell’inchiesta per omicidio colposo, sono convinti che tre anni fa Raimondo Caputo avrebbe reso una falsa testimonianza sul ruolo che avrebbe avuto Marianna Fabozzi nei minuti precedenti la caduta nel vuoto del piccolo Antonio. Un interrogatorio, quello del 9 giugno – come conferma l’avvocato di Raimondo Caputo – che potrebbe segnare un punto di svolta per quello che al momento resta ancora un caso di omicidio colposo: Marianna Fabozzi è stata accusata per ben quattro volte da Titò di essere non solo la carnefice di Fortuna ma anche l’assassina del suo stesso figlio.
Una tesi, questa sostenuta da sempre da Pietro Loffredo, il papà della bimba, e ora presa in seria considerazione anche dal team di esperti che affiancano l’avvocato Angelo Pisani, che hanno più di un dubbio sulla colpevolezza di Raimondo Caputo, per il quale il suo legale ha presentato una richiesta di trasferimento dal carcere di Poggioreale ad una struttura penitenziaria più piccola, dove i rischio di una aggressione sarebberi ridotti al minimo.
Per la procura di Napoli Nord, invece, non ci sarebbe alcun dubbio sulle responsabilità di Caputo: a breve verrà chiesto per lui il rinvio a giudizio per il reato di omicidio volontario e violenze sessuali. Ieri pomeriggio, nel cortile di basalto del castello medievale, attuale sede del comune, si è tenuta la manifestazione «Caivano: oltre le sbarre del Parco Verde», un incontro con i cittadini per riflettere su quanto è stato scoperto nel quartiere della ricostruzione post terremoto. All’incontro, organizzato dall’avvocato Angelo Pisani, e moderato dalla giornalista Rita Pennaroli, hanno preso parte i genitori di Fortuna, il sindaco Simone Monopoli, il parroco don Aniello Manganiello, Roberto Mirabile, presidente dell’associazione «La caramella buona», Emilia Basile, psicologa, Germano Guarna, lo psicoterapeuta che segue dalle prime battute il caso Fortuna. Al termine dell’incontro, è la partita la marcia della società civile.
Il Mattino
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