Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ricorda, attraverso le parole dello studente Pasquale Manfreda, classe III sez. C del Liceo scientifico “Filolao” di Crotone, la figura del giovane imbianchino Salvatore Squillace, ucciso casualmente durante uno scontro molto violento tra i due clan camorristi principali, i Casalesi e gli Alfieri da un lato, guidati da Antonio Bardellino, e i Nuvoletta dall’altro, nel centro di Marano di Napoli, il 10 giugno 1984. La sorella Concetta raccontando aneddoti qualche anno fa sulla vicenda del fratello disse che tutti lo amavano e che oggi come compito sente di dovere incontrare i ragazzi delle scuole per raccontare chi era il fratello affinché certi crimini non si ripetano più. Determinante è il collegamento tra scuola e i famigliari delle vittime: sicuramente gli studenti rimangono maggiormente colpiti dalle esperienze
di vita di chi fu presente ai fatti che insanguinarono il nostro Paese.
“Nella mattinata del 10 giugno del 1984 un uomo, Salvatore Squillace, di professione
imbianchino, mentre svolgeva il suo lavoro nel centro di Napoli, fu coinvolto accidentalmente in un conflitto fra due clan mafiosi. Pur non avendo nulla a che fare con il mondo criminale, venne ucciso senza pietà, alla luce del sole. Salvatore e altre persone vennero colpite da due proiettili vaganti. Il suo corpo senza vita rimase immobile per terra; mentre le due bande rivali continuarono a inseguirsi a vicenda, con l’obiettivo principale di uccidere a tutti i costi il boss Ciro Nuvoletta, un potente latitante locale. Salvatore, disteso in una pozza di sangue, fu soccorso dai passanti, spettatori della tragedia e portato in ospedale dove, nonostante gli sforzi dei medici nel cercare di salvargli la vita, morì. La brusca notizia sconvolse la famiglia e gli amici, i quali lo ricordano come un buon lavoratore e un ottimo amico, sempre pronto ad aiutare il prossimo. Ricordare la sua morte, avvenuta per caso, è un dovere morale e civile perché Salvatore, come altri innocenti, è
diventato vittima di persone, che oltre agli affari illeciti e alla voglia di potere e vendetta, non conoscono il significato della parola giustizia. Ricordando le parole di don Pino Puglisi “È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno
valore ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate da qui la necessità di raccontare, ricordare e riflettere insieme nelle aule su valori e disvalori. Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.
Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU