Ischia-Marano, suore violente. Il racconto di Concetta: “Scappai dall’istituto, picchiarono mio figlio”

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“Gli orrori, nell’istituto Santa Maria della Provvidenza di Casamicciola, erano all’ordine del giorno. Mio figlio venne picchiato brutalmente e io reagii aggredendo la suora che si era scagliata contro il bambino, che all’epoca aveva solo un anno e mezzo”. A raccontarlo è Concetta Liparulo, 45 anni, residente a Marano, ospite dell’istituto isolano a cavallo tra il 2005 e il 2006.

Signora Concetta, che ricordi ha di quel periodo? Ci racconti la sua storia?

“Ero una ragazza madre. Ebbi scontri e divergenze in famiglia: il rapporto con mio padre non era buono e per questo, non avendo un lavoro, chiesi aiuto ai servizi sociali del Comune di Marano. Le assistenti sociali si fecero carico del mio caso e mi accompagnarono in un istituto, gestito dallo stesso ordine religioso di Ischia, che si trova nel comune di Qualiano. Stetti lì, insieme al bambino, per pochissimo tempo. L’ambiente non era dei migliori, così chiesi alle assistenti sociali di trasferirmi in un altro posto”.

Da Qualiano fu trasferita ad Ischia.

“Sì. Fui accompagnata da un’assistente sociale e da un diacono di Marano. Il primo giorno, quando arrivammo, sembrava il paradiso: cibo ottimo e buona accoglienza. Io e mio figlio dormivano in uno stanzone insieme a bambini che attendavano di essere dati in affido. Le suore che mi accolsero sono le stesse destinatarie dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Le ricordo tutte, come se non fosse passato un solo giorno. Poche ore dopo il nostro arrivo, quel paradiso si trasformò in un inferno. Ci servivano cibi scaduti, il frigo era costantemente chiuso a chiave o staccato. Un uovo ad occhio di bue veniva diviso tra quattro persone. La sera mi impedivano di dare il latte al mio bambino, dicevano che era uno spreco. I regali e il cibo che i benefattori lasciavano alle suore veniva nascosto o dato a persone esterne all’istituto. In stanza lenzuola e tende rotte”.

Lei litigò con una suora. Cosa accadde?

“Un giorno mio figlio, che all’epoca aveva un anno e mezzo, si mise a giocare in cucina. Toccò qualcosa, non ricordo cosa fosse. La reazione di suor Noeline fu feroce: il bimbo fu colpito più volte. Colpito in modo brutale, in più punti del corpo, e poi allontanato in malo modo. Andai a chiedere spiegazioni alla madre superiora, suor Angela, che non batté ciglio. A quel punto decisi di farmi giustizia da sola: affrontai suor Noeline e le mollai un paio di ceffoni. Ricordo che anche un altro bambino, tra l’altro disabile, veniva quotidianamente picchiato”.

Poi cosa fece?

“Scappai dall’istituto, ma non denunciai nel timore che potessero togliermi mio figlio. Stetti qualche ora a Casamicciola, poi rientrai nella struttura ma solo per raccogliere le mie cose e programmare la partenza. La madre superiora mi disse che avevo sbagliato a reagire e che nessuno avrebbe creduto alla mia versione. L’indomani, ad ogni modo, comunicai la mia scelta alle assistenti sociali e tornai da mio padre”.

Fonte Il Mattino Ferdinando Bocchetti

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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