Caccia al tesoro del Chapo. Il boss messicano potrebbe consegnarne una parte in cambio di un carcere meno duro

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El Chapo vuole una prigionia meno dura. Gli Usa vogliono i suoi soldi. Potrebbero trovare un punto di incontro, ma al momento il boss rinchiuso con i suoi segreti nella minuscola cella di Supermax. Il penitenziario a Florence, in Colorado e lo dipingono per quello che : un bunker, una tomba dalla quale impossibile evadere e con regole ferree. L’Alcatraz delle Montagne Rocciose.

Per questo gli avvocati hanno gi preparato i documenti con l’intento di chiedere il trasferimento dell’assistito in un carcere differente, un posto dove ci sia almeno pi aria e meno isolamento. Le prime reazioni di ambienti investigativi dovrebbero scoraggiare i legali, non sembra che vogliano fare un favore a un criminale del suo calibro, a oggi restio a collaborare con la giustizia degli Stati Uniti, interessata a un obiettivo primario.

Le autorità federali sono alla ricerca delle risorse del padrino, stimate tra i 12 e i 14 miliardi di dollari. Cifra imponente, anche se non tutti sono convinti che sia quella reale. Bottino che — una volta trovato — qualcuno pensava di usare per costruire il muro al confine con il Messico, l’altro protagonista della caccia al tesoro.

Il governo del presidente Andrs Obrador ha incaricato una commissione ad hoc di cercare di recuperare il possibile, ha sollecitato la collaborazione degli Stati Uniti nell’intento di avere una parte di beni sequestrati durante le indagini. Il network di Sinaloa ha investito in imprese all’interno del territorio americano. I messicani non hanno visto neppure un centesimo, ha scritto il quotidiano Milenio. Quelli, per i gangster, sono spiccioli. Ben altre le ricchezze che i federali cercano, non le societ, gli allevamenti di cavalli o imprese usate dai narcos per ripulire le montagne di dollari confiscate durante le indagini. Per arrivare alla cassaforte reale servono carte, dati, numeri di conti gestiti dai cassieri del signore della droga.

Joaqun Guzman dovrebbe fare il primo passo, seguendo le orme di altri banditi messicani estradati negli Usa. Ma lui il primo a sapere cosa significhi. Il 16 maggio stato assassinato in Messico Jos Gamboa, alias El Chino Antrax. Alto esponente del braccio armato di Sinaloa, vicino al Mayo Zambada, arrestato e consegnato agli Usa, si era riconosciuto colpevole ed aveva fornito dettagli sul suo gruppo. Ottenuta la libert provvisoria in California, ha deciso di tornare a casa, a Culiacan, e non gli hanno dato alcuna possibilit di spiegare. Eliminazione coincisa con la fase pi acuta della guerra che oppone i figli de El Chapo a Zambada come altri membri del grande clan. Lotta interna, costata la vita ad amici e parenti, pistoleri e fiancheggiatori. evidente che per il boss tutto molto complicato. Lui era abituato alla prigionia messicana, ai favori e alle collusioni, ma non al rigore di Supermax, in isolamento e senza contatti. Scappare da qui difficile, cos come da altri centri di detenzione statunitensi. Quindi deve decidere quale strategia adottare. Gli appelli e le istanze possono cambiare di poco il rigore, per ottenere qualcosa deve dare qualcosa. Traduzione: nomi e informazioni concrete.

Guzman, invece, si è nascosto dietro l’immagine del campesino costretto a delinquere a causa della povertà e nel settembre 2019 ha fatto sapere che se c’erano dei soldi da restituire li avrebbe dati alle comunità indigene e non a uno Stato. Scelta populista che suona sempre bene dove i cattivi si comprano la benevolenza con i pacchi viveri e il messaggio di essere perseguitati dai gringos.

Diversa la difesa di Rafael Caro Quintero, ricercato per l’uccisione dell’agente Dea Kiki Camarena e nel mirino delle agenzie americane: sono povero e troppo vecchio per lavorare. Anche lui teme di finire, in caso di arresto, dall’altra parte della frontiera. Magari a Supermax.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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