È ancora presto per parlare di futuri scenari. In questi casi, diversi giorni, sono destinati alle analisi, ai mea culpa (se ci sono) o alle posizioni di comodo. Come da prassi, all’indomani della loro scelta, i consiglieri gonfiano il petto di perbenismo e accusano gli altri di vigliaccheria o di non aver sfiduciato l’ex sindaco in consiglio comunale. Un consiglio comunale, peraltro mortificato da due anni da questa amministrazione. Il problema è che se sei ad un tavolo composto di venticinque persone e tredici decidono di escluderti, si dà il caso che tu possa essere forse presa di mira, ma più propriamente che tu possa essere stato una frana, un pessimo amministratore, una miniera di errori ed orrori politici. Sta nei numeri – come sempre – la verità di tante cose, non nel vittimismo. Peraltro, dei tredici consiglieri che hanno sfiduciato il sindaco Russo, ben 5 erano stati eletti in maggioranza nel 2017. Chiedersi il perché tanta gente gli ha voltato le spalle è un fatto di minima curiosità, non appagabile con qualche epiteto che l’ex sindaco ha affibbiato a tutti e che ora verranno affibbiati a lui diventando il sindaco più sfiduciato della storia di Sant’Antimo. Invece di passare il tempo ad insultare a chi provava a dargli utili consigli, avrebbe dovuto impiegarlo per domandarsi come mai dal palco elettorale alla poltrona lui sia cambiato così tanto, come mai la sua giunta era un andirivieni di assessori, come mai ha tenuto più in conto gente esterna che i suoi consiglieri, come mai la sua politica sia apparsa al popolo così personalizzata per qualcuno, come mai sia diventato così bramosa di potere. È in questa considerazione di cose la vera natura del suo fallimento, il considerare l’elettore come un demente da infarcire di promesse e poi fare tutto il contrario di tutto, se qualcuno fosse andato a chiedere firme tra la gente per sfiduciarla, non tredici ma diverse migliaia di santantimesi avrebbero decretato la sua fine politica.

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