Omicidio Amelio: dopo undici anni al via il processo contro i big dei Polverino

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Dopo undici anni i presunti responsabili della morte di Enrico Amelio affrontano il processo di primo grado. La moglie e i due figli di Amelio potranno, forse, conoscere tutta la verità. La camorra, si sa, non vuole nessuno che la ostacoli. In tutti suoi traffici illegali, progetti e ambizioni. Lotta criminale per il potere del Dio denaro. E accaparrarsi tutto, sostanzialmente. La storia dell’omicidio dell’imprenditore immobiliare di Quarto, Enrico Amelio, ucciso il 10 ottobre 2006, si ascrive in questo quadro. Il processo è finalmente iniziato. Alla sbarra tanti  imputati eccellenti della criminalità maranese e flegrea, tra cui Giuseppe Polverino «’o barone» che secondo l’accusa avrebbe deciso le sorti dell’immobiliarista; Claudio Di Biase, Salvatore Liccardi, «Pataniello», Gaetano D’Ausilio (l’unico collaboratore di giustizia che ha svelato tutti i retroscena dell’agguato), Salvatore Cammarota e Salvatore Simioli, «‘o sciacallo».

La fase istruttoria è terminata e si è aperta quella dibattimentale con rito ordinario. Ieri, nella prima udienza, c’è stato, tuttavia, un inizio scoppiettante tra l’accusa e le difese, culminato il rinvio dell’udienza da parte della presidenza della Corte d’assise di Napoli (quarta sezione). Il pm ha nell’elenco dei testi da esaminare, oltre ai marescialli della polizia giudiziaria che condussero le indagini, anche Giuseppe Sabatino, consulente del lavoro ed ex commercialista di Amelio. La sua testimonianza potrebbe essere interessante perché rappresenta, comunque, una figura chiave nei rapporti con la vittima. Era lui a gestire la contabilità della società “Eco 2000” di cui l’imprenditore ne era amministratore unico. Fondata nel 1990 il suo core business era la costruzione di appartamenti. Come da procedura processuale si parte con l’esame e poi il controesame. Appunto, non appena interviene Sabatino, gli avvocati all’unanimità, reclamano la mancanza degli atti proprio in riferimento al sequestro dei documenti dello studio associato, avvenuto nell’ottobre e novembre 2006, di cui Sabatino ne è titolare. Non ci può essere contraddittorio e non si può intervenire nei confronti del teste. La procura non ha depositato nessun fascicolo né avvertito gli avvocati. Presente in aula anche la figlia di Amelio che si è costituita parte civile.

Dalle indagini svolte dalla Procura è emerso che Enrico Amelio fu ucciso perché un suo zio materno, Leonardo Tartaglia Carandente, era intenzionato ad acquistare alcuni fondi, in via Marmolito, nella zona quartese a tutti nota come la Macchia, sui quali anche i Polverino avevano mostrato interesse. Era un affare da tre milioni di euro che faceva gola ai Polverino che non tollerarono l’intromissione della famiglia del costruttore. La prossima udienza si svolgerà il 18 gennaio prossimo con la ripresa degli interventi dei testi.

Nel maggio del 2016 i carabinieri del nucleo investigativo di Napoli eseguirono una ordinanza cautelare di applicazione della custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del tribunale di Napoli su richiesta della direzione distrettuale antimafia nei confronti di Cammarota Salvatore Gaetano D’Ausilio, Claudio de Biase, Liccardi Salvatore, Polverino Giuseppe, Simioli Salvatore ritenute responsabili, secondo la ricostruzione operata dal giudice, di aver concorso il 10 ottobre 2006 nell’omicidio di Amelio Enrico, imprenditore edile, esplodendo al suo indirizzo numerosi colpi di arma da fuoco uno dei quali gli recideva l’arteria femorale cagionandone la morte.

 

 

© Copyright Mario Conforto, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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