Suicidio o omicidio? In attesa che si arrivi alla identificazione del corpo senza vita dell’uomo trovato impiccato al ramo di un albero di castagno, in una zona di non facile accesso della collina dei Camaldoli, tutte le piste investigative devono essere tenute nel giusto conto. Lo sanno bene i magistrati della Procura di Napoli e i militari dell’Arma intervenuti ieri sul posto.
Il sostituto procuratore Sergio Amato è il pm che ha disposto i primi atti d’indagine, a cominciare dal sequestro della salmaMa procediamo per ordine. Cominciando da un precedente che mai come in questo momento non può non tornare alla mente: quello di un 44enne trovato morto, impiccato all’interno del complesso di una scuola che si trova in via Domenico Fontana, la «Cesare Pavese». Si chiamava Roberto Caliendo e aveva 44 anni. A scoprire il suo cadavere furono, alla riapertura della scuola subito dopo la pausa pasquale, alcuni bidelli che trovarono il corpo senza vita, con il cappio alla gola e le mani legate dietro la schiena con delle fascette di plastica. In quel caso sia il medico legale che la Squadra mobile di Napoli chiusero il caso indicandolo come suicidio.
Due anni e cinque mesi dopo, ecco un caso in fotocopia. Stesse modalità – corda e legacci alla gola e ai polsi. E non siamo lontani dalla zona teatro del primo giallo. Anzi: l’area – dal punto di vista criminale – è quella nella quale insistono diversi gruppi camorristici che tentano di espandersi verso il Vomero e l’Arenella, sia da Marano che dai quartieri della periferia settentrionale di Napoli.
Ieri mattina i carabinieri del Vomero, intervenuti sul posto, hanno iniziato a scandagliare le denunce di scomparsa presentate negli ultimi mesi a Napoli e in provincia. Segno evidente del fatto che non si esclude alcuna pista. Naturalmente nulla può darsi per preconfezionato. Il corpo senza vita dell’uomo ritrovato nel podere coltivato ad alberi di castagno – al quale si accede solo conoscendo un sentiero rurale che diventa sempre più stretto fino a trasformarsi in viottolo, e poi in dirupi inframmezzati solo da rovi, sterpi e tronchi di legno secco – era privo di documenti. L’elevato stato di decomposizione ha reso impossibile il rinvenimento di altri, eventuali segni di riconoscimento, come per esempio tatuaggi.
e dalla disposizione di eseguire l’autopsia. Magistrato di esperienza – ha coordinato le più delicate inchieste di camorra sui clan della Sanità e della zona di Miano, feudo dei «Capitoni» – Amato ha anche interessato, per i dovuti rilievi e le verifiche del caso, i colleghi della Direzione distrettuale antimafia che si occupano di criminalità organizzata nell’area nord di Napoli. Già, perché di fronte al mistero del castagneto del Parco dei Camaldoli nulla può escludersi a priori. Nemmeno l’omicidio.
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