“Temo per la vita dei miei figli”, la confessione choc di Giuseppe pochi giorni prima dell’agguato

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“Temo per la vita dei miei figli, ma soprattutto per Emanuele: ho paura che possa accadere qualcosa di grave da un momento all’altro”. Pochi giorni prima dell’agguato, Giuseppe Esposito, il meccanico assassinato ieri assieme al figlio Filippo nell’officina di via Unione Sovietica, si era confidato con un amico della zona, dicendosi preoccupato ma in un certo senso anche rassegnato per la brutta piega che stava prendendo uno dei suoi tre figli. “Me lo sento: prima poi arriverà qualche brutta notizia. Spero solo di riuscire ad evitare qualche guaio agli altri due ragazzi che lavorano con me”, aveva rivelato all’amico di sempre.

Un oscuro presagio che si è materializzato nella giornata di ieri, quando il killer ha fatto fuoco all’interno della sua officina, lasciando a terra sia Giuseppe che Filippo, per tutti Fabio, il primo dei suoi tre figli. Ma quali erano le preoccupazioni che assillavano il meccanico 57 enne, residente a Mugnano ma che da oltre 30 anni lavorava a Marano?

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, le ragioni del duplice omicidio – consumatosi a due passi dal mercato ortofrutticolo di Marano – sarebbero da ricercare nei legami instaurati tra il figlio minore di Giuseppe, Emanuele, e la famiglia del defunto boss Pierino Esposito, ammazzato lo scorso novembre a Napoli. Emanuele è fidanzato con la figlia di Esposito, rivale dei Vastarella e dei Lo Russo e, da qualche tempo, era entrato in un brutto giro e aveva iniziato a frequentare cattive compagnie.

Scelte che avevano allarmato non poco papà Giuseppe, il meccanico che aveva fatto grossi sacrifici per poter acquistare l’autofficina di via Unione Sovietica. Quello che è accaduto ieri in via Unione Sovietica, insomma, potrebbe essere una reazione, una vendetta per l’uccisione – avvenuta qualche settimana fa – di due esponenti del clan Vastarella. A pagare il prezzo più alto di questa mattanza è una famiglia che, fino a ieri, non era mai balzata agli onori delle cronache per vicende legate alla criminalità organizzata. Filippo Fabio Esposito aveva un precedente per rapina, ma i fatti in questione risalgono a molti anni fa.

“Da tempo Filippo aveva messo la testa a posto – tengono a chiarire gli amici del rione – Ogni giorno era in officina, lavorava con il padre e da quel che ne sappiamo non aveva grossi grilli per la testa. Era un ragazzo che amava la bella vita, certo, ma che aveva anche deciso di metter su famiglia: tra qualche tempo infatti si sarebbe dovuto sposare”. Collaborava con il padre anche l’altro figlio di Giuseppe, Daniele, che per puro caso è riuscito a sfuggire all’agguato: era nell’ufficio posto al piano superiore dell’officina quando il killer ha fatto irruzione nel locale. E’ rimasto per qualche secondo pietrificato, poi ha tentato di soccorrere il fratello e il padre agonizzante, morto poco dopo nell’ospedale San Giuliano di Giugliano.

A soccorrere Giuseppe e Filippo anche alcuni vicini e passanti. “Abbiamo sentito quattro spari – dicono – spari fortissimi, una sorta di boato. Eravamo nei pressi del mercato ortofrutticolo e ci siamo subito spostati verso il luogo dell’agguato. Quando siamo arrivati Fabio, così lo chiamavamo tutti, era in una pozza di sangue. Era già morto, mentre Giuseppe respirava ancora. Una scena terribile, c’era sangue dappertutto. Abbiamo fatto il possibile per soccorrerli. L’ambulanza è arrivata dopo oltre 20 minuti, ma a tutti era chiaro che nemmeno Giuseppe ce l’avrebbe fatta”.

Lo sgomento è palpabile tra gli abitanti di via Unione Sovietica. “Non conoscevo bene i figli – dicono – ma Giuseppe era una brava persona, dedita al lavoro: non meritava una fine del genere”. Dalla furia dei sicari, invece, è riuscito a sottrarsi il giovane aiutante di Giuseppe: un ragazzo poco più che 20 enne che alla vista dei killer si è nascosto dietro un pilastro.

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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