C’è qualcosa che non quadra, che non torna, fin da quando – diversi mesi fa – fu organizzato un convegno sui beni confiscati a Marano, nel teatro Alfieri.
Si parlava, in quell’occasione, di ville riconducibili al boss Polverino Giuseppe e fu detto – dagli amministratori in carica – che quel bene non era stato ancora consegnato al Comune. Circostanza che il sindaco Matteo Morra ha ribadito anche nelle ultime ore, aggiungendo che la villa di Polverino dovrà essere oggetto di sgombero prima della consegna al Comune e per la quale c’è già l’interesse dell’istituto di Vulcanologia. La notizia ha fatto andare in brodo di giuggiole una consigliera comunale, che è subito scattata in piedi – con tanto di comunicato (e foto errata, fu scattata da noi qualche anno fa durante un sopralluogo nella villa bunker del boss) per applaudire.
Ma facciamo chiarezza. La villa di cui parla Morra non è quella bunker. La villa bunker (nella foto) di Polverino è disabitata, in pessime condizioni strutturali e non è mai stata data al Miur. Il Miur si interessò a un progetto anni fa, ma non se ne fece nulla.
La storia è la seguente.
Il decreto di confisca è datato 25 maggio 1996. Da quel giorno la villa bunker di Giuseppe Polverino, meglio noto come ‘o Barone, è ufficialmente un bene di proprietà dello Stato. Sono passati 29 anni, eppure il tempo sembra essersi fermato in via De Filippo (ex Seconda Traversa di via Marano-Pianura), zona a ridosso della collina dei Camaldoli, dove è ubicato l’immobile appartenuto all’ultimo, grande padrino della città. Il re dell’hashish, tra i maggiori trafficanti europei di stupefacenti, ma anche a capo di una cosca che ha dettato legge nel mercato del mattone e del riciclaggio nelle attività commerciali. La villa di Polverino, secondo vecchi commissari che hanno gestito il comune di Marano, appartiene all’ente cittadino; per altri, invece, no. Quel che è certo è che tutti i progetti per il riutilizzo del bene, sbandierati nell’arco di oltre un ventennio, sono miseramente naufragati.
Nel 2010 si era pensato di farne un centro di orientamento e formazione per immigrati e un accordo di massima, per individuare i necessari finanziamenti, era già stato raggiunto tra Regione, Agenzia del Demanio e il Comune di Marano. Non se ne fece nulla né allora né qualche anno dopo, quando ad interessarsi al bene fu il Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, che sembrava sul punto di realizzare una scuola per i bambini della zona. Un progetto ambizioso, dal nome eloquente: “Più scuola, meno mafia”, ma arenatosi per gli ingenti costi necessari a rimettere in sesto la struttura. La lussuosa residenza del “Barone”, in carcere dal marzo del 2012, è strutturata su due livelli, per un totale di ventitré vani. I piani sono collegati da un’imponente scala a chiocciola in marmo (unica concessione al kitsch), per molti versi simile a quella immortalata nel film di Brian De Palma, in cui Al Pacino interpreta il ruolo del gangster Tony Montana. Le lastre di pregiatissimo marmo ricoprono anche i pavimenti di alcuni saloni: quelli al piano superiore di una struttura circondata, inoltre, da ben cinquemila metri quadri di giardino. Un vero e proprio parco, alla fine del quale si accede ad un solarium con ampia terrazza che gode di una favolosa vista sull’intera area flegrea. Una struttura da sogno, insomma, almeno sulla carta. Da simbolo del potere mafioso, oggi la villa appartenuta al boss Giuseppe Polverino – in cui si sono consumati numerosi summit di camorra – è diventata l’emblema del degrado, nonché luogo di rifugio per gli animali della zona. Le stanze sono disseminate di escrementi. Le porte sono distrutte, qualche vetrata è scheggiata dai proiettili, l’intonaco è penzolante in molti punti, i cancelli sono arrugginiti e non vi è traccia di targhette che ricordino ai residenti della zona e ai “visitatori” occasionali che la villa è di proprietà dello Stato Italiano.
Il presente.
L’attuale sindaco di Marano, Matteo Morra, ha però annunciato di recente che “la villa di Polverino sarà consegnata al Comune di Marano nei prossimi mesi. Abbiamo svolto una ricognizione sui beni confiscati e abbiamo appurato che la villa di Polverino non era mai stata consegnata al Comune, benché figurasse nell’elenco degli immobili nella disponibilità del nostro ente. Ci fu spiegato, sulla scorta di interlocuzioni con la prefettura di Napoli e l’Agenzia Nazionale per i beni confiscati, che era ancora pendente un ricorso dei proprietari. Nell’ultimo incontro avuto in prefettura – prosegue Morra – abbiamo appreso che non è necessario attendere esito del ricorso e a che breve si procederà con lo sgombero. Sul bene c’è l’interessamento dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia”. Tutto bene, ok, ma non si tratta della villa bunker: la villa bunker del “Barone” è disabitata, l’amministrazione comunale si riferisce a un’altra villa, verosimilmente ancora occupata dai familiari di Polverino. Ma non è quella per cui una consigliera si è subito emozionata, con tanto di foto errata. Segno che in pochissimi, a Marano, conoscono i fatti e le dinamiche dei beni confiscati. A Morra e alla novella “Iotti” diciamo: se volete vi accompagniamo noi sulle strutture in questione, perché noi ci siamo stati tante volte, senza temere alcunché. Naturalmente per accettare un invito del genere occorrerebbe avere anche un po’ di umiltà e riconoscere, talvolta, che su certi temi c’è chi ne sa più di loro.
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