«Ha sbagliato, va punito e se ne deve andare». Non bastavano le carte riservatissime incautamente finite a giornalisti indagati per «violazione del segreto» (sic) né le inchieste contro Palazzo Chigi. Ormai appaiono incolmabili le distanze tra il Procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi e i suoi interlocutori istituzionali. Galeotta la sua decisione di aprire un fascicolo per la mancata consegna del criminale di guerra Njeim Osama Almasri alla Corte penale internazionale, arrestato il 19 gennaio scorso dalla Digos di Torino, poi rilasciato e rimpatriato con un volo di Stato nel giro di 48 ore. Dopo una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti è stata indagata per favoreggiamento e peculato il premier Giorgia Meloni, il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri dell’Interno Matteo Piantedosi e della Giustizia Carlo Nordio ma non il Pg della Capitale né la Corte d’Appello di Roma che quella scarcerazione l’hanno decisa. «Un atto dovuto», dice Lo Voi, deciso entro fine febbraio a rivendicare le sue ragioni davanti al Copasir, convinto com’è che la norma speciale viene applicata in caso di azione coattiva da parte della Procura, con un’ordine di esibizione di atti al Dis che in questo caso non sarebbe avvenuto. Anche se dentro la magistratura in tanti pensano che la vicenda si doveva gestire diversamente.
La Procura di Perugia fa partire l’inchiesta contro Lo Voi. Carte segrete finite nelle mani dei giornalisti
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Da ieri anche mezzo Csm lo giudica unfit per quel ruolo, a poco meno di tre anni dal suo insediamento (con l’ok di Md) dopo i veleni dell’Hotel Champagne che defenestrarono un incolpevole Marcello Viola (oggi a Milano) e gli spalancarono una delle poltrone più ambite.
Fonte Il Giornale