E’ stato notato nei cortei, durante le manifestazioni inscenate dagli imprenditori e gli operai del complesso industriale di via Migliaccio, quello in parte sequestrato dalla Procura, che nei mesi scorsi chiedevano ai magistrati di avere libero accesso ai capannoni. La presenza in quel contesto di Michele Marchesano, cognato del boss Giuseppe Polverino, gambizzato tre giorni fa in una strada a ridosso dei Camaldoli, è ora al vaglio degli inquirenti che indagano sul suo ferimento. L’imprenditore 56 enne, che per almeno un decennio ha detenuto il monopolio della vendita di prodotti alimentari in città, avrebbe avuto e avrebbe interessi nel polo produttivo di Marano, da tempo sotto la lente di ingrandimento della Dda di Napoli.
Un interesse che si concentrerebbe – secondo ipotesi investigative – su qualche capannone della zona e che ha spinto gli inquirenti ad una serie di approfondimenti, anche sulla scorta delle dichiarazioni del pentito Roberto Perrone, il primo a parlare del coinvolgimento del clan Polverino nelle fasi di realizzazione dell’area Pip. Perrone, a lungo braccio destro del boss in carcere dal marzo del 2012, riferì agli inquirenti di aver partecipato ad alcune riunioni nel corso delle quali “Polverino si lamentava per essersi esposto economicamente per la vicenda dell’area industriale di Marano per circa 400 mila euro, a fronte dell’impegno dei Cesaro (Raffaele ed Aniello, entrambi indagati ndr) a versare nelle casse del clan un milione di euro”.
Gli inquirenti indagano anche sulle modalità che hanno portato alla gambizzazione di Marchesano, già destinatario di precedenti “avvertimenti” e a lungo sparito dalla circolazione. Alcuni aspetti della vicenda restano infatti avvolti nel mistero.
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