
“Scorte pazze” tra necessità, privilegi e status symbol. Avviate verifiche da parte del Viminale. Lo aveva denunciato anche Alessandro Di Battista, dal suo profilo social, nel 2018, dichiarando che trattasi di “una vergogna tutta italiana”. Non si parla solo di sprechi, ma di privilegi e di forze dell’ordine sottratte al loro compito: quello di difendere i cittadini, non i protetti da corporazioni professionali, sindacali di categoria e politiche. Secondo gli ultimi dati resi noti dal Viminale, che risalgono al luglio 2019, in totale le persone che vivono sotto scorta in Italia sono 569. Numeri che hanno subito un aumento durante la pandemia a causa delle minacce ricevute dai virologi da parte dei no vax.
Per assicurare questo servizio (dati Ministero dell’Interno,) oltre a fornire 404 vetture blindate e 234 vetture non specializzate, a giugno 2019 impiegava in totale 2.015 agenti formati per il servizio di protezione. Uno spreco che avrebbe portato il Viminale ad avviare serie verifiche. Magistrati, parroci, politici e giornalisti minacciati ne hanno tutto il diritto.
Meno quelli che, pur non svolgendo alcuna attività per la quale la scorta è stata assegnata, e qualcuno nemmeno iscritto all’ordine di appartenenza, beneficia di tale istituto solo perché con il tempo attraverso aderenze o di qualche esponente dell’Autorità Giudiziaria ereditano e stipulano per decenni, anche quando non ve ne sarebbe più la necessità, un vero e proprio contratto “senza scadenza”.
Stessa cosa per i politici che ne fanno un utilizzo improprio pubblicizzando le loro gesta (a volte palesemente provocatorie) sui social quali Facebook e TikTok. Tra l’altro ci sono “giornalisti” di frontiera e imprenditori coraggio, sconosciuti, che rischiano la vita davvero ma che non risultano essere sottoposti a qualsivoglia misura di vigilanza. Peggio ancora quando la scorta viene utilizzata per presenziare a incontri politici, manifestazioni, ingressi in luoghi inaccessibili ai mortali cittadini a volte entrando in quel circolo vizioso rasentando veri e propri comportamenti egemoni alla stregua di chi ha l’immunità parlamentare. La decisione di assegnazione di una scorta – e la sua revoca – in pratica nasce dal territorio. Ogni prefettura determina il rischio di una persona, in base alle segnalazioni che arrivano dalle Forze dell’Ordine. La valutazione viene effettuata in sede collegiale e l’Ufficio centrale raccoglie le informazioni e le legittima. Per questo si sarebbe messa in moto una seria verifica.
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