Tutti gli organi di stampa, i divulgatori, talvolta anche scienziati, ci dicono che i terremoti non si possono prevedere. Ma non è vero: i terremoti ormai, quasi ovunque, si prevedono. Si conoscono le zone dove avverranno, si conoscono anche le magnitudo che possono raggiungere, nonché le profondità che avranno; l’unica cosa che non si può (per ora) prevedere è quando avverranno. Ma in realtà, se ci pensiamo bene, il ‘quando’ ci dovrebbe interessare poco: perché, sapendo tutto il resto, sappiamo anche dove dovremmo costruire le nostre città e soprattutto ‘come’ dobbiamo costruire gli edifici in modo che possano resistere a quei terremoti.
In Italia però, nonostante sappiamo con precisione dove e come possano avvenire i terremoti, ad ogni terremoto più forte assistiamo ad enormi disastri e lutti: perché, nonostante la nostra dettagliata conoscenza, e nonostante vi siano normative molto stringenti che dettino come costruire edifici in grado di resistere ai terremoti, quelle norme, nate in tempi molto recenti, valgono solo per gli edifici costruiti dopo la loro entrata in vigore. Il risultato è che la maggior parte del patrimonio edilizio in Italia è estremamente fatiscente e/o degradato: ogni terremoto, a volte anche con magnitudo estremamente basse (ricordiamo il terremoto di Casamicciola, 2017, di magnitudo 4.0), produce tragedie.
Ma allora, sapendo con quasi certezza che un terremoto di magnitudo maggiore di 4 può avvenire anche oggi, domani o dopodomani (quindi non fra 100 o 1000 anni come i tempi di ritorno dei nostri terremoti tettonici), e che potrebbe danneggiare gravemente, fino al collasso, gli edifici fatiscenti che certamente ci saranno in zona, è possibile accettare che ormai, con l’abitudine, si vada avanti come se nulla fosse? Nonostante prescrizioni di legge molto chiare? Io non credo; e credo che non serva essere, come me, un sismologo o un vulcanologo per capirlo. Un territorio in cui si sa, perfettamente e da tempo, che da un momento all’altro avverranno terremoti, non fortissimi ma molto superficiali, tanto da mettere a serio rischio la popolazione deve necessariamente essere messo in sicurezza: adesso, anzi ieri. Bisogna verificare gli edifici ed evacuare quelli fatiscenti, evitare il rischio di crolli, tenere sotto stretto controllo le linee ferroviarie (metro, circumflegrea, ecc.) e le infrastrutture critiche (gas, acqua, elettricità, ecc.).
E’ un territorio, quello a rischio più serio, estremamente limitato; quindi certamente semplice da controllare. Mentre scrivo, ed è in atto uno sciame sismico notevole ai Campi Flegrei, sappiamo che ormai da alcuni giorni nell’isola greca di Santorini, altro pericoloso vulcano che con l’eruzione del 1628 a.C. contribuì alla scomparsa della civiltà minoica, per uno sciame sismico con terremoti fino a magnitudo 5 circa 9.000 persone sono in fuga: in pratica un’evacuazione spontanea.
Giuseppe Di Natale, vulcanologo