MARANO, IL CASO GALEOTA E LA SCUOLA: IL PASTROCCHIO DEL SECOLO. TUTTI PARLANO, MA NON HANNO CAPITO UNA BEATA FAVA. MAGISTRATI, CARABINIERI, SINDACI, CONSIGLIERI, MA AVETE LETTO LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO?

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E’ uno dei più grandi pastrocchi della storia delle pubbliche amministrazioni mondiali. Un pastrocchio di cui ancora oggi – alcuni – non ne comprendono la portata. Avrete sicuramente letto e sentito dire in questi mesi che il bene denominato Galeota – sorto nel lontano 2004 in luogo di una antica masseria – non può più accogliere i bambini della scuola di San Rocco, ospitati in un immobile abusivo. E per quale ragione? Perché, secondo quanti parlano in città, informandosi perlopiù dal nostro portale, alcuni residenti del complesso edilizio hanno vinto dei ricorsi in sede amministrativa.

Nella fattispecie, si tratta di ricorsi presentati al Consiglio di Stato, discussi nel merito un annetto e mezzo fa e pubblicati integralmente da Terranostranews. Quelle sentenze, in realtà, le hanno lette in pochissimi, noi e qualche avvocato interessato.

E allora cosa dicono i giudici amministrativi che hanno analizzato il caso?

Dicono che il bene, il complesso del Galeota, si poteva realizzare in quel modo? No.

Dicono che con una semplice Dia, su un’area agricola, poteva essere abbattuta la masseria? No.

Dicono che il Comune ha fatto male a revocare, nel 2014 la Dia, e nel 2015, ad emettere ordinanza di demolizione? No.

Cosa dicono i giudici?

Dicono due cose molto semplici: che il Comune di Marano si è mosso male e in un lasso di tempo troppo lungo nel perfezionare i procedimenti.

Ma quali sono questi procedimenti amministrativi contestati?

Il Consiglio di Stato è chiaro, ma per capire il tutto occorre fare un passo indietro e un po’ di storia.

Il complesso residenziale del Galeota sorge nel 2004. Siamo a fine estate e le ruspe della società di Angelo Simeoli abbattono la masseria e realizzano una quarantina di strutture, tra case, box e negozi. Al Comune ci sono i commissari prefettizi e l’intervento edificatorio viene eseguito con una semplice Dia presentata, qualche tempo prima, all’ufficio tecnico comunale. Il consiglio comunale targato Bertini era stato sciolto poco prima per infiltrazioni camorristiche. A capo dell’ufficio tecnico c’è Armando Santelia, entrambi (Santelia e Bertini) oggi sono sotto processo anche per quella oscura vicenda.

Bertini torna in auge in autunno, grazie a un ricorso vinto al Tar. Il sindaco torna in sella e deve occuparsi di quella vicenda che ha fatto scalpore e sollevare un vespaio di polemiche in città. Cosa fa il Comune? Sequestra i nuovi immobili? No. Emette ordinanza di abbattimento e successiva acquisizione al patrimonio comunale? No. Il Comune si limita ad emettere ordinanza di sospensione dei lavori. Ma nel dicembre dello stesso anno, all’esito di una approfondita verifica, revoca il provvedimento di sospensione e dichiara fattibile l’intervento eseguito al Galeota.

Il Galeota viene sequestrato nel 2005, pochi mesi dopo. Ma chi lo sequestra? I vigili urbani? No. I carabinieri su ordine della Procura. A quel punto, dopo il sequestro penale, credete siano scattati i relativi provvedimenti amministrativi? Neanche per sogno. Né ordinanza di demolizione né altro, né acquisizione al patrimonio.

Termina l’era Bertini, c’è un cambio di sindaco (Perrotta) e anche di guida dell’ufficio tecnico. Nel 2007, con il bene ancora sequestrato, il Comune emette atti amministrativi? No. Nel 2007, come chiarito dal Consiglio di Stato, il Comune – attraverso una ulteriore relazione tecnica – archivia il procedimento di annullamento della Dia (Dichiarazione inizio attività).

Per sette lunghi anni non accade più nulla e il bene – lo ricordiamo – è ancora sequestrato. Nel 2014, giunta Liccardo, al Comune si presentano i carabinieri della locale tenenza: consegnano il provvedimento di dissequestro del Galeota (è la prassi, essendo trascorsi dieci anni), ma i militari riferiscono ai vertici dell’ufficio tecnico che il Comune dovrebbe o quanto meno potrebbe adottare i relativi atti amministrativi, ovvero ordinanza di demolizione e altro.

L’arrivo dei militari dell’Arma fa drizzare le antenne ai vertici dell’ente e dell’ufficio tecnico. Nello stesso anno, l’ente cittadino revoca la Dia emessa nel 2004. Da quel momento il Galeota diventa completamente abusivo. Pochi mesi dopo, anno 2015, il municipio maranese emette anche l’ordinanza di abbattimento. Il Comune, però, non acquisisce il bene al proprio patrimonio, anche perché la giunta – di lì a poco – viene mandata a casa per il terzo scioglimento dovuto ad infiltrazioni camorristiche.

Il bene viene acquisito al patrimonio comunale (ne dà notizia l’allora dirigente dell’ufficio tecnico) solo nel 2019 e, sempre secondo i vertici amministrativi, dovrebbe essere destinato ad accogliere gli studenti di San Rocco ospitati da anni in un immobile abusivo.

Nel frattempo chi aveva acquistato le abitazioni dalla azienda di Simeoli Angelo presenta ricorsi. I primi al Tar, bocciati, uno al Presidente della Repubblica, che viene accolto. Incassata la bocciatura del Tar, alcuni residenti si rivolgono al Consiglio di Stato, che si pronuncia nel merito poco più di un anno e mezzo fa e, forse, senza nemmeno sapere (il Comune ha mai fatto presente che era in itinere il progetto per la scuola?) che l’ente aveva pensato anche alla destinazione d’uso.

Si arriva, dunque, al pronunciamento dei giudici amministrativi.

E cosa dicono? Confermano che la struttura edilizia non poteva essere realizzata con una Dia, che occorreva eventualmente un permesso a costruire per un intervento di quella portata. Che in zona agricola, confermano, si poteva si costruire ma solo se l’intervento fosse stato in linea con determinati parametri, volumetrie e solo per un intervento di tipo conservativo e di restauro. I giudici confermano che non c’era alcun vincolo della soprintendenza, ma anche il Comune aveva provveduto a catalogare l’antica masseria in un elenco di beni di pregio e da tutelare. I giudici, in sostanza, dicono che il Comune ha impiegato troppo tempo per confezionare i propri atti (revoca Dia e ordinanza di demolizione) e contraddicendo provvedimenti, quelli del 2004 e del 2007, che invece considerano fattibili gli interventi edificatori. Il Consiglio sostiene inoltre – punto fondamentale – che l’ente non ha mai specificato la destinazione d’uso. Quando la Dia fu revocata, infatti, il Comune dichiara che lo fa solo per ripristinare la legalità urbanistica, ma non approfondisce il tema della pubblica utilità.

A cosa doveva servire il Galeota? Nessuno lo ha mai scritto ed è questo, per il Consiglio di Stato, il motivo pregnante che porta all’accoglimento del ricorso degli appellanti, così come l’enorme lasso di tempo trascorso per eseguire i provvedimenti amministrativi necessari.

Morale della favola? E’ così certo il sindaco Morra – che assieme al Pd ha per anni insistito sulla necessità di far sorgere una scuola nel Galeota – che i ricorsi vinti non consentano al Comune di muoversi ora diversamente? Ma qualcuno lo ha letto bene questo benedetto ricorso vinto e quella sentenza? E, soprattutto, lo ha letto un avvocato competente in materia amministrativa e urbanistica? Noi nutriamo grandissimi dubbi. Sappiamo solo che ci sono già nuovi interessi sul Galeota, in particolare per l’acquisto di alcuni locali.

 

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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