Processo Bertini-Simeoli-Cesaro: sul banco dei testimoni tre ufficiali dei carabinieri. D’Anania e i 200 milioni dati all’ex sindaco

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Processo Bertini-Cesaro-Simeoli, altra importante udienza a Napoli nord. Oggi sono stati ascoltati altri tre testimoni della pubblica accusa: tre ufficiali dell’Arma che in qualche modo si sono occupati, su fronti diverse, di indagini che riguardano gli imputati.

Sul banco dei testimoni è salito il colonnello Michele D’Agosto, in passato in forza ai carabinieri di Castello di Cisterna, che ha effettuato indagini a carico dei Cesaro. L’ufficiale ha riferito delle denunce sporte dai due imprenditori allorquando furono vittime di un attentato all’auto dei uno dei due fratelli, raid avvenuto nel comune di Sant’Antimo, di aver avuto incontri nei quali i Cesaro segnalavano difficoltà ad ottenere un appalto a causa di una serie di contenziosi, dovuti all’interferenza di esponenti di alcuni clan. D’Agosto ha riferito che i Cesaro parlarono di soldi versati ad esponenti della pubblica amministrazione, ma senza fare cenno ai nomi.

A testimoniare anche il colonnello dei carabinieri Massimo Russo, un tempo in forza al Ros che eseguì le indagini sull’area Pip di Marano. L’indagine, ha spiegato Russo, si era basata su alcune intercettazioni ambientali. Con il recupero degli atti al Comune di Marano, secondo Russo, si è potuto fare luce su un appalto da 40 milioni di cui 4 a fondo perduto elargiti dalla Regione per realizzare un polo produttivo non eseguito correttamente. “Tramite intercettazioni e perizie scoprimmo che i collaudi erano stati falsificati o non fatti. Così si arrivò al sequestro delle opere”, queste le parole di Russo, che ha riferito anche di un atto (offerta appalto Pip) recante una firma falsificata di una dipendente comunale. Vicenda già nota e analizzata nel corso del primo processo sul polo industriale di Marano, archiviato alcuni mesi fa.

Sul ruolo di Bertini, Russo ha aggiunto: “Sono emerse numerose notizie nel corso delle indagini. C’è un’intercettazione da cui si evince, anno 2016, che Raffaele Cesaro si lamentava di Bertini poiché gli aveva corrisposto denaro. Si lamentava del fatto che, nonostante ciò, Bertini continuava a criticarli (i due Cesaro) in pubblico. Sul rapporto con Di Guida, Russo ha riferito che c’era un legame politico tra i Cesaro e Antonio Di Guida, imprenditore e politico di Marano.

E’ emerso, ha spiegato Russo, che Angelo Simeoli si lamentava dei soldi dati a Bertini (come forma di tangenti) e che lui, il Bertini, continuava a rivoltarsi contro. La corruzione di Bertini? Ci si è arrivati tramite le confessioni dei fratelli Cesaro, che hanno ammesso di aver pagato Bertini con contanti e assegni. Gli assegni erano difficili da rintracciare poiché monetizzati da Angelo Simeoli e da questi dati in contanti a Bertini.

Il terzo teste chiamato a testimoniare è il tenente Antonio Canonico, in forza alla quinta sezione investigativa di Napoli. Ha svolto indagini nel 1998 sul clan Nuvoletta. L’ufficiale dell’Arma ha riferito che l’imprenditore Gennaro D’Anania aveva aiutato economicamente Bertini nelle sua attività. Gli diede 200 milioni di lire. D’Anania, ritenuto dagli inquirenti vicino a Carlo D’Avino e Luigi Baccante (clan Nuvoletta), avrebbe poi chiesto (per conto di Baccante e altri esponenti del clan) a Bertini di includere alcuni terreni in un piano edificabile.

Vicende, queste ultime, già evidenziate da alcuni politici ed ispettori della prefettura nell’anno 2004, anno in cui il Comune di Marano venne sciolto per camorra. Scioglimento poi annullato dal Tar.

Il palazzinaro Angelo Simeoli è stato ascoltato in due occasioni dai magistrati inquirenti e ha confermato di aver monetizzato assegni dei Cesaro e dato soldi in contanti (sotto forma di tangenti) a Bertini. All’imprenditore, che è invischiato anche in altri tre processi, sarebbero state chieste informazioni anche su altri personaggi non inseriti in questo filone processuale.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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