Sabato due marzo, giorno di ordinaria follia. Ha spiegato Salvatore Tamburrino, secondo quanto riportato dal Mattino: «Avevo ucciso mia moglie, mi resi subito conto di aver commesso una cosa ignobile, mi affidai al mio avvocato per consegnarmi alle forze dell’ordine. Fui prelevato dalla polizia di corso Secondigliano, consegnai la mia pistola, fui portato in Questura». Cosa accadde in quei frangenti? «Nell’ascensore, ad alcuni poliziotti, confidai loro il luogo dove si trovava Marco Di Lauro. Volevo, grazie a questa informazione, ottenere la disponibilità di poter riabbracciare un’ultima volta i miei figli. È stato quindi un moto immediato e spontaneo».
Tutto in poche ore, secondo la ricostruzione messa a verbale, nel corso delle indagini condotte dai pm Maurizio De Marco e Vincenza Marra. Siamo in via papa Giovanni XXIII a Melito, al quinto piano di un edificio di edilizia popolare. È qui che si consuma la tragedia di Norina Matuozzo. Ha 33 anni e tanta voglia di vivere, di dedicarsi alla crescita dei figli, ma è decisa a chiudere i conti con Salvatore Tamburrino, l’uomo che da almeno 15 anni svolge il ruolo di angelo custode del boss latitante Marco Di Lauro. È lui il link tra il covo del ricercato e il resto del mondo, un camorrista dal profilo basso, ma che non accetta di perdere la moglie.
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