Al Nazareno prevedono schiarite solo a ridosso della scadenza per la presentazione delle liste: lunedì 29 gennaio. Nemmeno la direzione nazionale del Pd domani mattina sarà l’occasione di chiarimento definitivo. Servirà a dare l’ok alle candidature per le politiche di marzo, ma sarà un ok di massima. Siccome gli accordi interni su molti nomi sono in alto mare, il weekend sarà ancora di lavoro per Matteo Renzi, Luca Lotti, Maurizio Martina, Ettore Rosato: chiusi al Nazareno a cercare di definire un risiko che si sta trasformando in un vero rebus.
L’idea di Renzi è di portarsi in Parlamento 110-115 fedelissimi e una cinquantina ripartiti tra le diverse aree: non solo quelle di minoranza che fanno capo a Andrea Orlando e Michele Emiliano. I 50 dovrebbero comprendere anche i rappresentanti dell’area Franceschini e dello stesso vicesegretario Martina.
Da quanto trapela dal Nazareno il segretario non vorrebbe ricandidare troppi parlamentari con tre legislature alle spalle, cioè non vorrebbe mettere in lista troppi ‘vecchi’ che per correre avrebbero bisogno della deroga dallo Statuto Pd.
Sono in questa condizione, per dire, il Popolare Beppe Fioroni e Cesare Damiano, ex Cgil in area Orlando. Il primo attende un cenno dal Nazareno per candidarsi nel suo collegio viterbese “se serve”. Il secondo è una personalità-simbolo nell’area di minoranza, colui che lavorò al compromesso sul Jobs Act: insomma Orlando non rinuncia alla candidatura di Damiano. Ma nell’entourage del segretario del Pd ne fanno un problema di ressa non di simboli: nella stessa regione di Damiano, piemontese, ci sono troppi candidati della minoranza.
I nodi sono tantissimi. Intanto Renzi smentisce le voci che lo descrivono come intento a fare un “repulisti” tra i Parlamentari. Ma per forza di cose, molti nati e cresciuti a Montecitorio e Palazzo Madama non torneranno. E lui, il leader alla guida del partito da quattro anni, non ne conta tantissimi tra le sue file.
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