Caro dottore, le scrivo attanagliata dai dubbi…il mio ragazzo, con cui ho una bella relazione da 4 anni sfociata in una convivenza, da un po’ sembra molto interessato a trascorrere del tempo con il suo migliore amico, da sempre “testimone” della nostra relazione. La loro intesa complice mi lascia spesso in disparte, sola e preoccupata. Ora sento parlare di una loro partenza per qualche giorno; mi chiedo cosa stia veramente accadendo e si insinua in me il dubbio di una relazione gay. Non credo sia la mia gelosia a farmi pensare al peggio, ma non oso parlare.
Paola (Bacoli)
La conoscenza di se stessi e conseguente-mente dell’altro passa attraverso la comunicazione intesa come espressione libera di quello che interiormente viviamo, dalle emozioni, ai sentimenti, alle passioni. Queste rappresentano la nostra ricchezza, solo attraverso la consapevolezza di essa possiamo entrare in relazione con l’altro, nella sua parte profondamente vera. La comunicazione nasce dalla parola, attraverso cui ci si fa dono di quello che si prova oltre la pigrizia, le resistenze, i timori che si nascondono nella paura di ferire (l’altro o se stessi), con lo spettro della solitudine in cui si potrebbe incorrere. Quando la comunicazione lascia spazio alla rimuginazione, al sospetto, al non detto, è sinonimo di qualcosa che si interrompe nel processo relazionale: allora la parola non veicola emozioni, sovrastata dalle ombre. Eppure la parola conserva una grande forza rivelatrice, mostra i reali pensieri, aiuta a fare chiarezza e a disvelarsi. Solo attraverso un comunicar-si i propri sentimenti si riesce a “contattare” l’altro, a ri-conoscerlo nella sua complessità, andando in questo caso oltre Ia tendenza sessuale, che andrebbe piuttosto definita come “identita d’amore”, oltre per capire e andare incontro all’altro.
” Se una persona è gay chi sono io per giudicarla?” Papa Francesco.
Raffaele Virgilio, psicologo e psicoterapeuta
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