Il processo Di Lauro junior-Rispoli-Colombo entra nel vivo

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Il processo di primo grado che vede alla sbarra il gotha della camorra secondiglianese, oltre alla coppia “vip” Tina Rispoli-Tony Colombo, entra nel vivo con una serie di importanti colpi di scena. Nell’udienza celebrata ieri mattina nell’aula bunker del carcere di Poggioreale, il presunto ras Vincenzo Di Lauro, in videocollegamento, ha deciso di rendere alcune dichiarazioni.

Il figlio del capoclan “Ciruzzo ”o milionario”, in particolare, ha sostenuto di non aver «mai ricostituito la cosca», ribadendo anzi di aver da tempo «preso le distanze dai fratelli» e di essersi limitato a intervenire solo in occasione di alcuni contrasti in qualità di «paciere».

Di Lauro junior ha poi spiegato di aver provato a fare l’imprenditore e di non essersi mai interessato agli affari legati al contrabbando di sigarette. Sulla stessa lunghezza d’onda l’esame degli altri imputati eccellenti, vale a dire il neomelodico Tony Colombo e la moglie Tina Rispoli. Quest’ultima in particolare ha cercato di fare luce sui 35mila euro che, secondo la ricostruzione della procura, sarebbero stati investiti in un capannone che la cosca avrebbe poi dovuto usare per l’attività di contrabbando.

La vedova del boss Gaetano Marino ha però negato questo scenario, sostenendo che in realtà si trattasse di una somma che un suo congiunto pretendeva per dei lavori edili che aveva realizzato su commissione della coppia, un intervento che, secondo Rispoli, sarebbe stato mal realizzato e che pertanto non avevano alcuna intenzione di rendere quel denaro.

Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento reso da Colombo, il quale ha negato gli addebiti e spiegato di essersi limitato a voler aiutare il cognato Raffaele Rispoli a uscire dal giro del contrabbando e, in generale, della criminalità organizzata. Di tutt’altro tenore la linea della procura, che nella prossima udienza potrebbe avanzare richieste di pena a dir poco esemplari.

Toccherà poi al collegio difensivo (composto tra gli altri dagli avvocati Antonio Abet, Carlo Ercolino, Andrea Imperato, Sergio Cola, Luigi Senese e Antonio Liguori) provare ad aprire una breccia nell’inchiesta. La retata era scattata a ottobre scorso e in manette erano finite 27 persone, per un totale di 41 indagati.

I carabinieri avevano concluso con il blitz un’indagine partita dalle attività imprenditoriali e finanziarie del clan di Secondigliano, che ha portato anche al sequestro di beni per 8 milioni di euro. Tra i reati contestati ci sono, oltre al 416bis, il concorso esterno in associazione mafiosa, la turbativa d’asta, l’aggravante della transnazionalità legata al contrabbando di sigarette, l’estorsione aggravata e la violenza privata.

Il quadro confermava quanto ipotizzato dagli analisti sin dal periodo post faida, il cambio di strategia del clan: da vecchia a moderna camorra. Le investigazioni, ricostruita l’operatività del clan tra il 2017 ed il 2021, in continuità rispetto alle indagini per la cattura di Marco Di Lauro, hanno documentato la riorganizzazione nel rispetto delle tradizionali regole imposte da Paolo Di Lauro.

IL Roma

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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