L’arresto di Bertini. Per i magistrati della Dda “ha gestito grosse speculazioni edilizie per favorire il clan”

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Cinquantamila euro in contanti e più di 60 mila euro in assegni, a firma della società Money srl, incassati presso una filiale della Banca di Roma e monetizzati da Angelo Simeoli, meglio noto come Bastone. Soldi versati dai fratelli Aniello e Raffaele Cesaro, secondo la Dda di Napoli, monetizzati da Simeoli e finiti poi nelle mani di Bertini per “compiere – scrivono i magistrati della Dda – atti contrari ai doveri di ufficio in relazione all’affidamento per l’appalto del Pip”. Tra questi la nomina del consulente per il Pip, il defunto Nicola Santoro, nominato da Bertini con un decreto sindacale. Bertini sarebbe poi intervenuto, presso l’architetto Santelia, ex dirigente del comune di Marano, oggi in servizio al comune di Ottaviano, per pilotare l’assegnazione della gara.

Bertini è accusato, inoltre, di aver favorito una società di camorra, La Tiziana Costruzioni, di fatto riconducibile ad Antonio Simeoli, meglio noto come Ciaulone, acquistando per il Comune il palazzo Merolla alla cifra di un miliardo di vecchie lire. Il palazzo era stato acquistato dalla Tiziana alla cifra di 400 milioni soltanto pochi giorni prima. I lavori per la ristrutturazione della struttura furono poi affidati, attraverso un bando di gara, alla Mastromimico di San Cipriano d’Aversa, società in orbita dei Casalesi, di recente confiscata dallo Stato.

Bertini avrebbe inoltre posto in essere atti, diretti o indiretti, per consentire la realizzazione del complesso residenziale del Galeota, sorto a San Rocco in luogo di una splendida masseria del 1700. Fatti spesso finiti al centro delle inchieste giornalistiche di Terranostranews.

“Con la presente richiesta si vuole far luce sulle zone d’ombra, sulle frange corrotte e colluse della politica locale – è riportato nell’ordinanza di arresto – sulla regia di BERTINI Mauro che, da circa un ventennio, solca la politica maranese “gestendo”, sia dalle fila della maggioranza che da quelle dell’opposizione, le più grosse speculazioni edilizie tutte (o gran parte) affidate al gruppo Simeoli, ala imprenditoriale del clan Polverino.
Oggi, alla luce di tutte le acquisizioni probatorie, arricchite anche del contributo dichiarativo
reso dai fratelli CESARO dopo l’esecuzione dell’ordinanza a loro carico, appare assolutamente chiaro il ruolo criminale di BERTINI Mauro, SANTELIA Armando e SIMEOLI Angelo, quest’ultimo trait d’union tra i primi due ed il vertice del clan Polverino.
SIMEOLI Angelo, infatti, manteneva tutti i rapporti, anche di natura corruttiva – aggiungono gli inquirenti – con Mauro BERTINI, all’epoca Sindaco di Marano di Napoli, rapporti che consentirono ai CESARO ed ai loro soci occulti di entrare nell’affare del PIP di Marano ed aggiudicarselo, grazie alla complicità dell’architetto SANTELIA Armando”.

Nell’ordinanza che ha portato l’ex sindaco ai domiciliari sono citati anche altri fatti e personaggi della politica locale, al momento non indagati. Bertini è intercettato con alcuni giornalisti “amici”, con un ex consigliere comunale (di Perrotta e Liccardo) e con qualche concessionario del mercato ortofrutticolo. E’un’indagine ad ampio raggio, che parte da fatti vecchi e si snoda fino ai nostri giorni.

Ora per Bertini potrebbe scattare la sospensione da parte della prefettura di Napoli. Qualcuno degli eletti con lui in consiglio comunale, che in occasione di altri arresti avevano esultato via social e con comunicati stampa, oggi addirittura abbozzano la solidarietà a un indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Saranno i giudici a stabilire se Bertini fu in qualche modo colluso alla camorra. Quel che è certo che alcuni business gestiti dal Comune, tra la fine degli anni Novanta e il 2004-2005, erano e sono più che sospetti.

 

 

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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