Nel Pd i tormenti di Minniti: non sono l’uomo di Renzi

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«Io capisco due sfigati come me e Zingaretti che non abbiamo niente da perdere, ma non capisco proprio perché uno come Minniti, che appartiene alla serie A, debba correre per fare il segretario in questa fase»: a parlare così è Matteo Richetti, candidato (per conto proprio) alla guida del Pd.

Ospite della conventiondi Zingaretti si arrovella, come tutti lì, su quello che farà l’ex ministro dell’Interno. L’ultimo tam tam sul conto di Minniti lo dà sul punto di ripensarci. Eppure lui, agli amici che glielo chiedono, giusto ieri mattina rispondeva così: «Non è cambiato nulla. La mia agenda non la dettano certo i tam tam».

I tempi congressuali, però, dettano le agende di tutti i dirigenti del Pd: il 10 febbraio ci saranno le primarie e quindi Minniti dovrà sciogliere a breve la sua riserva. Perché è vero che è ancora in atto, da una parte del mondo renziano e dintorni, il tentativo di far slittare le assise in autunno, ma è altrettanto vero che rinviare il congresso ormai diventa difficile.

Zingaretti, comunque, è convinto che alla fine l’ex ministro si candiderà. E i sostenitori del governatore del Lazio fanno già i conti: se Minniti fa il pieno al Sud vince le primarie con il 60 per cento.

In questa fase incerta, in cui la vera alternativa a Zingaretti non ha ancora ufficializzato la sua discesa in campo (ma potrebbe farlo addirittura oggi o domani), molti big del partito non si sbilanciano. Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, vecchio amico di Zingaretti dai tempi della federazione giovanile del Pci, è tentato di dare una mano al governatore del Lazio, ma ha le elezioni regionali e quindi la cautela ora ha la meglio.

Pure Sergio Chiamparino sembra interessato al progetto di Zingaretti e lo stesso dicasi per Giuseppe Sala. E che dire di Tommaso Nannicini che con il presidente della regione Lazio si scambia sms a dir poco affettuosi? Tutto sotto traccia, però.

L’atmosfera, dall’altra parte è ancora più impalpabile. Anche perché una delle richieste, anzi delle condizioni poste dall’ex ministro dell’Interno è stata questa: «Io non sono né voglio apparire come il candidato dei renziani». I quali, peraltro, con il leader in testa, si sono detti d’accordo con lui. Perciò apprezzano, ma non si espongono troppo, fatta eccezione per i sindaci firmatari dell’appello pro-Minniti e del vice presidente della Camera Ettore Rosato.

Renzi comunque è convinto che l’ex ministro possa farcela: «Tra gli iscritti — spiegava qualche giorno fa ai suoi — vince di sicuro, alle primarie la sfida è più che aperta e lui ha grandichance».

Nel frattempo Minniti parla con tutti: «In questa fase -—spiegano i suoi — vuole allargare al massimo il fronte». E nel silenzio c’è chi già lavora alacremente per lui: Nicola Latorre, sodale dei tempi della comune militanza nel fronte dalemiano, è molto attivo in questo senso.

Il Corriere

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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