Sisma, scuole a rischio chiusura. La Cassazione: sigilli a strutture insicure

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Dopo sentenze choc per omicidio colposo plurimo come quella di primo grado a seguito del sisma de L’Aquila del 6 aprile 2009, con condanna a 6 anni di galera, poi cancellata in Appello, «per aver falsamente rassicurato gli aquilani», in sostanza non aver previsto l’imprevedibile terremoto, per i 6 scienziati della Commissione Grandi Rischi anche con la sorprendente motivazione che «rafforzare le costruzioni e migliorare le loro capacità di resistere al terremoto fornisce una indicazione non attuabile in concreto e pressochè impraticabile», ogni alibi è crollato due giorni fa. La sentenza 190 della Cassazione ha rimesso i sigilli ad una scuola elementare di Roccastrada, nel grossetano, dopo la verifica del mancato raggiungimento, anche se di un soffio (0.9 rispetto al valore 1), dei parametri di sicurezza previsti dalle norme tecniche del 14 gennaio 2008. Hanno fatto la differenza la «non prevedibilità dei terremoti» e il mancato rispetto delle norme al centimetro, anche nelle zone a medio rischio sismico.
Per la prima volta si fa rispettare la legge della prevenzione strutturale e questo potrebbe innescare una reazione a catena in una Italia in ritardo sull’obbligo dell’adeguamento sismico per i 75mila edifici pubblici come scuole, ospedali, caserme, municipi e prefetture, i due terzi in zone 1 e 2; e dove la sicurezza dell’edilizia privata resta sempre e solo su base volontaria e ogni obbligo, come per le nuove costruzioni anche in aree a rischio, viene facilmente eluso. Una operazione verità ci vede come l’ultimo Paese industrializzato con sul groppone tra i 4 e i 5 milioni di edifici a rischio collasso per terremoti importanti, con un copione che si ripete dall’Irpinia – ad Avellino è sotto sequestro dal 3 novembre l’edificio del liceo «Mancini» – ad Amatrice e Ischia, su uno stock immobiliare di 12 milioni di edifici residenziali. C’è poi la quota di edilizia fantasma, circa un milione di palazzine sorte dal nulla e di cui nulla si sa ma che riemerge con crolli periodici come quello di Torre Annunziata collassato con otto morti il 21 luglio del 2017. Ecco a cosa servirebbe l’obbligo del «Fascicolo di Fabbricato» osteggiato da lobby e associazioni di proprietari, a far uscire tutta l’edilizia spazzatura allo scoperto per salvare la pelle ai tanti che ci vivono dentro.
Il Sud presenta il 45% di rischiosità del costruito nazionale pre 1971 quando tutto era permesso, il 22% è al Centro, il resto al Nord. È un problema enorme la fragilità dell’edilizia produttiva, venuta alla luce con i terremoti del maggio 2012 in Emilia Romagna che abbatterono molte fabbriche: delle 325.427 strutture nazionali con oltre 95 mila in zone più a rischio, 4 su 10 risultano costruite tra il 1971 e il 1990. L’edilizia scolastica vede circa 49 mila edifici e uno su dieci realizzato in epoca anteriore al 1919 e oltre il 60% prima del 1971, il 37% è in aree sismiche o a rischio idrogeologico. Dei 5.700 ospedali, 1.822 sono in zone sismiche e 547 a rischio frane e alluvioni. È la realtà, scomoda e amara, che fa rabbrividire e ci colloca per sicurezza ancora a metà strada tra l’Afghanistan dove scosse di media potenza disintegrano il costruito e chi ci vive dentro e il Giappone disseminato di faglie attive ma dove per scosse della stessa entità al quarantanovesimo piano può solo saltare il rito del sakè.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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