Omicidio del tatuatore di Casavatore, parla il braccio destro di Cesare Pagano: «Doveva essere solo picchiato»

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L’atmosfera

Una riunione a Milano a casa del boss Arcangelo Abete (all’epoca era agli arresti domiciliari) per  raffreddare il clima rovente divampato dopo l’omicidio di Gianluca Cimminiello, tatuatore di Casavatore, del 2 febbraio 2010. Il ras Cesare Pagano era contrariato. Non desiderava quel delitto, tra l’altro inutile. Sapeva che avrebbe attirato l’attenzione delle forze dell’ordine sul clan e nel territorio in cui si operava. Doveva essere soltanto picchiato.

Carmine Cerrato, classe ’71, parla a tutto spiano. «Con Biagio Esposito, Lello Aprea, Vincenzo Russo, Pippetta e ‘O cinese andammo a casa di Abete per intavolare una discussione su quello che era accaduto». C’era un clima di tensione tra i due gruppi criminali: quello degli Amato-Pagano e degli Abete-Aprea. Tali organizzazioni si scissero dai Di Lauro e diventarono tra le più feroci dell’hinterland a nord della città. Radicate anche in provincia, sempre verso quella direttrice: Melito, il cui covo era in via Cicerone.

«Abete ci raccomandò di stare tranquilli e di dire a Pagano che il commando (Aprea, ‘O luongo, Pippetta e ‘O cinese) non era stato individuato». Quella sera d’inverno su due motociclette e coperti da sciarpe agirono crudelmente. Con la scusa del tatuaggio esposto fuori il negozio, la vittima uscì e cadde sotto il fuoco del piombo tiranno.

«Si alzò la mano e i colpi di pistola furono letali. Dissi che doveva essere colpito alle gambe e invece non fu così». Le giustificazioni di Abete comunque non bastarono e c’era tanta preoccupazione. Lo stesso Aprea parlò di un omicidio inutile perché era un lavoratore onesto.

L’agguato

La storia è nota a tutti. Inverno 2010. Vincenzo Noviello, cognato di Cerrato, era un amico del tatuatore di Melito: il competitor. Quest’ultimo non sopportava la foto con Lavezzi e Cimminiello (era soltanto un fotomontaggio). Quindi, si volle inscenare un’azione di forza. Una spedizione punitiva però andata male; sì perché sortì l’effetto opposto: Noviello fu picchiato e rispedito a casa. Ecco che le diplomazie criminali tra i clan s’interfacciarono sul da farsi. Un affronto troppo umiliante. Alla fine Raffale Aprea disse che voleva risolverla con il cognato. Ed ecco che il viaggio milanese segnò la morte di Zendark (dal nome dello studio).

Il processo

Cerrato si pente nel 2014 e viene arrestato nel 2013. Attualmente è in detenzione. Riferisce che lui e Mariano Riccio rappresentavano «occhi e bocca» di Pagano. Il 20 dicembre il gip condanna all’ergastolo Vincenzo Russo, «’O luongo». Dopo la scelta del rito abbreviato. Ma il filone processuale continua su un altro binario giuridico con i due imputati: Arcangelo Abete (avvocato Eduardo Cardillo) e Raffaele Aprea (Claudio D’avino). Il rito è ordinario.  È la terza sezione della Corte d’assise presidente Alfonso Barbarano (a latere Elisabetta De  Tollis). Il tre marzo la prossima udienza.

© Copyright Mario Conforto, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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