Chi era Mario Paciolla, il napoletano trovato morto in Colombia

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Da ogni angolo della Colombia e dell’Italia arrivano messaggi, appellipoesiedisegni per ricordare Mario Paciolla, l’operatore delle Nazioni Unite trovato morto lo scorso 15 luglio nella sua casa di San Vicente del Caguán, alle porte dell’Amazzonia colombiana. A gran voce si chiede verità e giustizia, perché diversi elementi portano a scartare l’ipotesi di suicidio avanzata dalla polizia colombiana.

Mario Paciolla, 33enne di Napoli, viveva in Colombia dal 2016. Dopo due anni come volontario per l’organizzazione non-governativa Peace Brigades International (PBI), dall’agosto 2018 collaborava con la Missione delle Nazioni Unite sulla verifica degli accordi di pace tra il governo e le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Una missione delicata, in una regione martoriata da oltre 50 anni di guerra civile e dove la pace continua a essere una promessa lontana.

Il 20 luglio, Mario sarebbe dovuto tornare a Napoli. Come scrive sulla rivista colombiana El Espectador la sua amica giornalista e attivista Claudia Julieta Duque, era pronto a “bagnarsi nelle acque del Tirreno, per ripulirsi da tutto lo sporco che aveva macchiato le sue ultime settimane”. Ma a tornare –  con un volo atterrato a Roma il 24 luglio – è stato invece il suo corpo senza vita, accolto dal dolore e dalla rabbia della famiglia e degli amici.

In attesa del risultato delle due autopsie, quella condotta dalla polizia colombiana e quella della polizia giudiziaria italiana, le autorità e gli avvocati che seguono il caso stanno mantenendo il massimo riserbo.

Il corpo di Mario Paciolla è stato ritrovato senza vita la mattina del 15 luglio (19.40 ora italiana) da una sua amica e collega, che non vedendolo arrivare in ufficio, si era preoccupata ed era andata a cercarlo a casa. L’ultima connessione su Whatsapp risale alla sera prima, alle 22.45 ora locale, e il certificato di morte indica che il decesso è avvenuto intorno alle 2, ma ciò che è successo quella notte è ancora da chiarire.

La polizia locale ha inizialmente riferito che Mario era stato ritrovato impiccato e con ferite di arma da taglio in varie parti del corpo, ipotizzando un suicidio. L’indagine è ora coordinata dalla vice-procuratrice generale Martha Mancera che – secondo quanto riporta l’Ansa – ha affermato di stare “esplorando tutte le ipotesi” e di aver dato massima priorità a questo caso. Parallelamente, anche le Nazioni Unite hanno avviato una propria indagine interna, lavorando da vicino con la procura colombiana e con l’ambasciata italiana a Bogotà.

L’ipotesi del suicidio è stata immediatamente scartata da chi conosceva Mario e il difficile contesto in cui lavorava. In un’intervista a Repubblica, la madre ha detto: “Vogliamo la verità. Nostro figlio era impaurito, molto. Non mi rassegno alla scena del suicidio di mio figlio in Colombia. Lo Stato italiano deve ascoltarci, deve aiutarci a scoprire la verità. (…) Non è possibile che il nostro Mario, un brillantissimo viaggiatore del mondo e osservatore dell’Onu, si sia tolto la vita”.

A rifiutare in maniera categorica questa ipotesi è anche la giornalista investigativa Claudia Julieta Duque, che aveva avuto modo di stringere amicizia con Mario quando il giovane faceva il volontario per l’ONG PBI, organizzazione che accompagna difensori e difensore dei diritti umani a rischio in zone di conflitto. Duque, una delle attiviste accompagnate da PBI, è da anni sotto costante minaccia, presa di mira dai servizi segreti colombiani da quando aveva iniziato a investigare sull’omicidio di un giornalista nel 2001.

“L’ipotesi del suicidio è inverosimile per chi conosce la tua vitalità, il tuo sorriso, e le tue critiche verso la Missione Onu”, scrive Duque rivolgendosi all’amico. “Il tuo amore verso la vita si contraddice con l’idea che possa aver scelto di suicidarti in un luogo così lontano dai tuoi amici, dalla tua famiglia, dagli affetti e da Napoli, la terra della tua anima”.

Secondo quanto riportano Duque e altri media, nelle ultime settimane Mario avrebbe confidato alla madre e agli amici di essere seriamente preoccupato. Il 10 luglio aveva avuto un’accesa discussione con i suoi capi, si sentiva “disgustato” e aveva detto di non sentirsi al sicuro, tanto da aver rafforzato le misure di sicurezza nella propria abitazione. Il contratto di Mario sarebbe scaduto il 20 agosto, ma aveva deciso di anticipare il viaggio. Proprio il 15 luglio, giorno in cui è stato trovato morto, sarebbe dovuto andare a Bogotà per iniziare le pratiche per il viaggio di ritorno.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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