Sant’Antimo, la storia di un comune da anni sotto i riflettori della magistratura

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Gigi Di Fiore, giornalista e saggista italiano, nel 1994, nel suo libro, Io Pasquale Galasso: da studente in medicina a capocamorra, racconto’ la storia di uno dei primi boss della camorra divenuto collaboratore di giustizia. Nato in una famiglia piuttosto agiata e studente universitario al secondo anno di medicina, Pasquale Galasso si trovò coinvolto nella malavita locale di Poggiomarino a causa di un singolare episodio: poco più che ventenne tre malavitosi cercarono di rapire lui e sua sorella, ma riusci’ a rubargli una pistola e fece fuoco, ammazzando all’istante due dei tre rapitori. Si unì, cosi’, alla Nuova Famiglia di Carmine Alfieri agli inizi degli anni ’80 e fu coinvolto nell’omicidio del luogotenente di Raffaele Cutolo, Vincenzo Casillo, detto o’ nirone. Nel 1992, essendo stato catturato dopo un breve periodo di latitanza, Pasquale Galasso si pentì. Il suo fu un pentimento che scioccò l’Italia, perche’ chiamo’ in causa alcuni politici e svelo’ i rapporti tra politica, camorra e cooperative, cioe’ le dinamiche che permettevano alla camorra attraverso le cooperative di avere totale controllo sulla vita politica e amministrativa dei Comuni. Racconta come, “di comune accordo”, i politici e camorristi scegliessero il sindaco più adatto, l’imprenditore più affidabile, il progetto più appetibile, il business più ricco, i suoli di più felice urbanizzazione, il commercio e il metano. La metanizzazione, ad esempio, e’ sempre stata un affare per la camorra.

Negli anni 80 i lavori di metanizzazione a Sant’Antimo furono eseguiti dalla coop “rossa” CESI, sponsorizzata in Campania dalla corrente dorotea della DC. Non essendo subappaltabili i lavori fu trovato l’escamotage dei lavori “specialistici”, come le saldature, da affidare alla cooperativa locale Raggio di Sole. Della cooperativa “Raggio di  sole”  era  socio  il consigliere comunale Aniello Cesaro unitamente ai fratelli Raffaele – legale rappresentante – e Luigi. Nel 1991 fu firmato dall’allora ministro dell’interno Scotti lo scioglimento del Comune di Sant’Antimo. Qui i rapporti della legione Carabinieri gruppo Napoli del 3 agosto 1991 e 16 settembre 1991 evidenziavano che si era in presenza di una struttura  pubblica  che strumentalizzava le proprie iniziative alle finalita’ dei nuclei delinquenziali operanti nel territorio. I collegamenti di taluni degli amministratori  con la malavita organizzata  –  clan  Puca  Pasquale  e  Verde  –  si estrinsecavano non solo attraverso  rapporti  di  parentela, ma soprattutto attraverso cointeressi in attivita’ economiche e patrimoniali. La cointeressenza in attivita’ economiche si coglieva soffermandosi sugli accordi in materia di appalti tra il clan di Pasquale Puca ed il clan dei Verde, che operavano rispettivamente attraverso le  cooperative  “La  Paola” e “Raggio di Sole”, addivenendo in tal modo ad una spartizione dei settori dell’imprenditoria locale tra politica e criminalita’. La gestione amministrativa dell’Ente era, inoltre, connotata da ricorrenti irregolarità nel rilascio delle concessioni edilizie.

Il clima di grave condizionamento e compromissione in cui versava nel 1991 il consiglio comunale, la cui libera determinazione risultava piegata agli interessi  della malavita organizzata, la  palese inosservanza del principio di legalita’ nella gestione dell’Ente, l’uso distorto della cosa pubblica utilizzata per il perseguimento  di fini estranei al pubblico interesse avevano minato ogni principio di salvaguardia della sicurezza pubblica e compromesso  gravemente le legittime aspettative della popolazione ad essere garantita nella fruizione dei diritti fondamentali di liberta’ e nell’esercizio dell’attività lavorativa o di impresa. Attualmente, il Comune di Sant’Antimo e’ attenzionato dal Prefetto di Napoli, in quanto alcune dinamiche che portarono allo scioglimento nel 1991 sono ancora denunciate dalle opposizioni consiliari degli ultimi 15 anni e da tanti cittadini e imprenditori. I meccanismi sono identici, si sono solo raffinati, perfezionati per sfuggire a controlli piu’ decisi e piu’ costanti rispetto al passato da parte delle istituzioni preposte. Alle cooperative si sono aggiunti i consorzi, le associazioni temporanee di imprese, gli elenchi di ditte e di professionisti di fiducia per gli affidamenti diretti al fine di ottenere sempre lo stesso risultato: inficiare il buon andamento dell’amministrazione, il regolare funzionamento dei servizi ed impedire il  libero esercizio dei diritti civili nell’attivita’ lavorativa e di impresa.

Ancora oggi recenti indagini e recenti condanne testimoniano non solo la cointeressenza tra politica e criminalita’ nell’edilizia pubblica e privata, ma soprattutto la fragilita’ delle locali istituzioni vincolate nella loro liberta’ discrezionale, in quanto la mentalita’ mafiosa da decenni ne ha permeato la struttura, le modalita’ operative e la prassi amministrativa. Riaccendere un focus su queste vicende e’ funzionale a scongiurare un oblio replicato ogni giorno e tutti i giorni. Dalla paura, dalla sfiducia, dall’incapacita’ di storicizzare dipende la circostanza che nelle gestioni succedutesi nel governo locale nessun segnale di cambiamento sia mai emerso. Bisogna fare tesoro delle esperienze del passato soprattutto in campagna elettorale, dimostrando di voler incidere seriamente sui condizionamenti subiti dalla vita politica ed amministrativa dell’Ente da parte dei gruppi di potere e della malavita organizzata, che hanno generato diffusa sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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