MARANO. I SIMEOLI, LE DICHIARAZIONI DI TANTI PENTITI. L’ASSOLUZIONE, I PROCESSI, VILLA BORGHESE, LA CONDANNA DI RENATO

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E’ stato condannato a 3 anni e 6 mesi Renato Simeoli (esclusa l’aggravante mafiosa), figlio di Angelo Simeoli noto imprenditore coinvolto in svariati processo (uno dei quali insieme all’ex sindaco Bertini e ai fratelli Cesaro per la questione PIP). Renato è stato condannato in primo grado per la nota vicenda di Villa Borghese, un ristorante che per anni ha ospitato eventi e cerimonie. Il locale fu sequestrato, ma finì nuovamente, in un modo mai realmente chiarito, nelle mani dei Simeoli e fu per questo interdetto dalla prefettura.

In data 10.07.2012, in esecuzione di provvedimenti emessi dal Tribunale di Napoli, veniva eseguito il sequestro di un ingente patrimonio societario ed immobiliare gestito dalla famiglia SIMEOLI anche attraverso l’utilizzo di numerosi prestanome. Tra i destinatari dei citati provvedimenti figurava la società GESIM S.r.l, proprietaria della struttura ricettiva denominata “Villa Borghese”. Successivamente, in data 11.12.2017, l’amministrazione giudiziaria concedeva tale struttura in gestione alla società “DONNA IMMA RICEVIMENTI S.R.L”. In merito a tale concessione la polizia giudiziaria veniva delegata ad una serie di attività investigative volte a verificare, tra l’altro, se la gestione della società “DONNA IMMA RICEVIMENTI” fosse in realtà riconducibile alla famiglia SIMEOLI tramite l’interposizione fittizia del socio unico RUSSO I. In particolare dai primi accertamenti emergeva che in data 14.04.2020 la Prefettura di Napoli aveva emesso a carico della Donna Imma Ricevimenti s.r.l. una interdittiva antimafia.

Molteplici sono gli incontri, le riunioni, i summit che si sarebbero tenuti – secondo diversi pentiti – proprio a Villa Borghese. Uno dei primi a riferirlo è proprio Biagio Di Lanno, collaboratore di giustizia, che indica nella villa luogo anche di riunioni inerenti il PIP di Marano.

In particolare DI LANNO riferisce:

DI LANNO: “sì, una volta ci ho partecipato anche io ad un appuntamento, solo che io ho atteso fuori e ho accompagnato Simeoli Giuseppe all’ufficio del ristorante diciamo. C’ero io, Simioli Giuseppe, c’era Angelo Simeoli, c’era suo figlio Carlo e, se non ricordo male, c’era un certo… mi sembra che si chiamava Luigi, il proprietario di un negozio di mattonelle, che vendeva questa roba qui a Marano, mi sembra proprio a San Rocco. 

P.M.: lei sa se Peppe Polverino avesse interessi diretti in Villa Borghese? 

DI LANNO: non so se avesse interessi diretti in Villa Borghese. Simeoli era un costruttore di fiducia di Polverino comunque. 

P.M.: con riferimento all’affare PIP, che cosa si andò a fare a Villa Borghese in relazione a questo tipo di affare? 

DI LANNO: io, ripeto, dottore, ho atteso fuori, però comunque Simioli mi disse che era un appuntamento che riguardava la questione del PIP. 

Presidente: ma l’ha detto quando è avvenuto questo appuntamento?  Se lo ricorda quando è avvenuto questo appuntamento? 

DI LANNO: nel 2009, alla fine del 2009… comunque mi sembra nel 2009 se non erro.

Anche il collaboratore di giustizia Perrone Roberto riferisce che gli imprenditori Antonio Simeoli alias “Ciaulone” ed Angelo Simeoli alias “Bastone” era imprenditori di riferimento del clan Polverino.

P.M.: allora, innanzitutto, poiché il Tribunale non la conosce, lei che tipo di inquadramento criminale aveva, che tipo di ruolo aveva e quando ha deciso di collaborare con la giustizia? 

Teste: beh, il mio ruolo nasce all’inizio degli anni Ottanta, con il clan Nuvoletta, che a fine degli anni Ottanta facciamo la scissione con Polverino e diventiamo un’organizzazione nostra, fino al 2011, a luglio 2011. 

P.M.: lei di cosa si occupava e se aveva una zona di competenza per conto del clan Polverino? 

Teste: beh, io ero il responsabile della zona di Quarto ed in più facevo parte del direttorio del clan Polverino.

P.M.: perfetto! Lei in particolare per conto di Giuseppe Polverino di quali attività criminali si occupava in prevalenza? 

Teste: in prevalenza imprenditoriale, politica imprenditoriale. 

P.M.: è corretto dire che era lei che teneva i rapporti con gli imprenditori vicini al clan e con i politici che erano vicini al clan Polverino? 

Teste: sì, perché era una cosa già decisa che doveva essere così. P.M.: perfetto! 

Teste: nel senso che il clan malavitoso non si poteva avvicinare né agli imprenditori né ai politici. 

P.M.: questo tipo di lavoro, di cerniera diciamo così con il mondo imprenditoriale e politico, oltre a lei, chi lo svolgeva per conto dei Polverino? 

Teste: per conto dei Polverino c’era “Zio Totonno” Polverino in assenza di Giuseppe Polverino e poi c’erano degli imprenditori che erano di pura espressione di Polverino, sia imprenditori di Quarto, come mio cognato Castrese Paragliola, Nicola Imbriani e su Marano avevamo i cugini Simeoli e non solo.

P.M.: perfetto! Parliamo un attimo dei cugini Simeoli. Lei quando parla dei cugini Simeoli a chi si riferisce? 

Teste: Ad Angelo Simeoli detto “Bastone” e ad Antonio Simeoli detto “Ciaulone”. 

P.M.: nell’ambito di questo procedimento, io le farò domande che riguardano l’ala di Simeoli Angelo detto “Bastone”. Innanzitutto, lei conosce una struttura recettiva, un ristorante denominato Villa Borghese? 

Teste: sì, è un ristorante su San Rocco, se non sbaglio. P.M.: sì. Lei che sa di questo ristorante? 

Teste: beh, questo ristorante, se non erro sempre, perché sono passati un po’ di anni da quelle…  P.M.: certo.

Teste: questo era un ristorante che a parte che conoscevo bene, perché voglio precisare che con Angelo Simeoli siamo anche parenti, con la moglie zia Antonietta. Nasce quando… mi sembra nel ’97, c’è una disputa su questo ristorante, perché l’ha realizzato zio Angelo, come imprenditore questo ristorante, e poi mi sembra che non pagavano alcune rate, alcune cambiali, e loro divennero… presero loro questo ristorante in società con Giuseppe Polverino, con la famiglia Polverino.

P.M.: quindi originariamente Villa Borghese era un affare Simeoli Angelo…  Teste: sì, sì.

P.M.: …Simeoli Angelo – Polverino Giuseppe? 

Teste: sì, sì. 

Si riportano, altri stralci, delle dichiarazioni di PERRONE Roberto in merito al ruolo di Renato Simeoli e alla vicenda PIP.

P.M.: senta, le faccio questa domanda perché è connessa poi ad una produzione che devo fare. Lei sa se Simeoli Angelo era coinvolto con Peppe Polverino nell’affare PIP?

Teste: beh, il PIP era Angelo Simeoli, non che era coinvolto.

P.M.: va bene. Io poi dopo, Presidente, come avevo promesso, deposito la sentenza di primo grado del Tribunale di Napoli Nord. Senta, lei i figli di Angelo Simeoli li ha mai visti, li
conosce, sa chi sono?

Teste: certo, l’ho detto, la mamma è la cucina di mia mamma. I figli… Allora, c’era buonanima di Giuseppe, che purtroppo morì per un incidente aereo, poi c’era Renato, Carlo, un nostro intimo amico, perché aveva preso lui le redini del padre, e poi c’era Vincenzo che invece era il figlio che avevano dato da piccolino al fratello Mattia Simeoli, un altro personaggio del clan Nuvoletta, e che poi a 20 anni, 18 anni, hanno ripreso di nuovo con loro, e poi c’era la figlia… P.M.: parliamo dei figli. Lei sa se erano… Teste: mi sfuggono un po’.

P.M.: se erano i figli, poi le faccio la domanda specifica su Renato, se i figli erano coinvolti negli affari del padre, se partecipavano a riunioni con voi rappresentanti del clan?
Teste: per noi Carlo, io nel 2010, se non erro, gli abbiamo anche, su suggerimento di Giuseppe Polverino, che me lo feci venire a Quarto, perché gli passammo una nostra concessione edilizia, perché disse è lui l’espressione di Angelo Simeoli, da oggi in poi faremo solo con lui, con Carlo. Poi ci aveva un altro figlio, Renato, che si gestiva più le attività commerciali del padre.

Uno stralcio delle dichiarazioni di PIROZZI Giuliano:

P.M.: ecco, allora iniziamo a soffermarci sui suoi rapporti con il ramo della famiglia Simeoli che fa capo a don Angelo “Bastone”, lei quando conosce don Angelo “Bastone”, chi glielo presenta, in che contesta lo conosce? 

Teste: allora, don Angelo “Bastone” sappiamo tutti che per storia è un vero e proprio… è paragonabile ad un vero e proprio capoclan, perché all’epoca i clan, soprattutto alla fine degli anni Ottanta, avevano i cosiddetti capi bastone, ecco, perché erano le cosiddette persone che riuscivano a tenere rapporti ed avevano uno spessore criminale, nonostante non fossero persone dell’ala criminale, ma che riuscivano a prendere decisioni molto importanti, quindi molto quotate. Don Angelo “Bastone” è stato uno degli (incomprensibile) storici e a tenere rapporti pure con Cosa Nostra per conto del clan dei maranesi, prima con i Nuvoletta, poi con i Polverino, quindi è sempre stata una persona influente con le sue attività, ha sempre fatto grossissime costruzioni. Io ho avuto a che fare soprattutto quando è stata costruita Villa dei Gerani, perché lui era il socio oscuro insieme ad Antonio Di Guida, l’ex assessore provinciale, e soprattutto quando è stato costruito il Domizio Village, nonostante l’area era dei casalesi, perché insisteva sulla zona della Domiziana, però una piccola parte, per rapporti di buon vicinato, aveva a che fare pure con Giugliano. Quindi mi è stato presentato da Feliciano Mallardo, l’ex capoclan del clan Mallardo, deceduto, e da suo genero Mauro Moraca. Mentre con la famiglia “Ciaulone” ci siamo conosciuti nel periodo di quando a Giugliano si doveva fare il PUC, il cosiddetto Piano Urbanistico Comunale, ci siamo incontrati una volta al comune di Giugliano ed un’altra volta alla rotonda fra Qualiano che porta a Quarto, al bar Fumo e Caffè.

 […]

P.M.: senta, attraverso Feliciano Mallardo e Mauro Moraca lei ha conosciuto anche i figli di Angelo “Bastone”?

Teste: se non sbaglio venne solo un figlio, però che io non ho mai avuto rapporti dottore, devo dire la verità. Se non sbaglio venne il figlio Angelo, che era amico del sindaco di Qualiano, Salvatore Onofaro.

P.M.: senta…

Teste: non Angelo, chiedo scusa, Vincenzo, Vincenzo.

Anche ZACCARO Antonio, collaboratore di giustizia dal 2013, facente parte del Clan Sacco – Bocchetti, associato ai Licciardi – Contini – Mallardo, conferma l’esistenza di un rapporto imprenditoriale tra Giuseppe Polverino, capostipite del medesimo clan, riconducendolo in merito ad una vicenda.

P.M.:  senta lei ha fatto affari con Peppe Simeoli?

Teste:  Sì, una volta. Una volta lui mi diede quanti chili di hascisc però non era diretto a me ma era al figlio di Sacco Gennaro che all’epoca era il mio capo e gli serviva dell’hascisc e lui me lo mandò a San Pietro a Patierno.

P.M.: lei ha mai avuto modo di interloquire con Giuseppe Simioli per una estorsione nell’ambito di lavori che si stavano compiendo nella sua area di competenza?

Teste:  Sì. Ci stava un cugino…

P.M.:  può raccontare questo episodio per favore?

Teste:  Sì. Ci stava un suo cugino, che adesso non mi viene il nome, si chiamava Simeoli, mi sembra Carlo, Carlo Simeoli, stava facendo cinquanta appartamenti verso il Rione Berlingieri, che era la zona nostra, andarono là degli scissionisti, perché noi eravamo collegati con gli scissionisti che poi le estorsioni a Secondigliano all’epoca, non so oggi, erano diverse in quasi tutti i clan, e andò uno degli scissionisti che era un altro clan che stava lì all’epoca, andò a chiedere l’estorsione a Carlo Simeoli. Che succede? Che Carlo Simeoli si rivolse a Giuseppe Simeoli, il cugino, e il cugino si rivolse a me che ero della zona e ci incontrammo per chiarire questa situazione. Io gli chiesi all’epoca 400 mila euro e Giuseppe Simeoli intervenne disse se per rispetto suo poteva fare 320 mila euro, io accettai perché c’era una stima fra me e lui, accettai e chiudemmo così. P.M.:  senta quindi l’imprenditore edile in questo caso era Carlo Simeoli?

Teste:  Sì.

P.M.:  se lei si rivolge Giuseppe Simioli per fare questo tipo di passaggio in relazione a una estorsione che comunque doveva avvenire nel suo territorio e quindi quell’imprenditore doveva comunque pagare a voi, perché lei si rivolge a Simeoli Giuseppe?

Teste:  Perché era il cugino. Perché Giuseppe Simioli era il reggente di Marano, era amico mio, quello era il cugino, era una cosa normalissima che per rispetto suo ho interloquito con lui che poi c’era anche il cugino e ha chiuso Giuseppe, invece di 400 320, è un senso di rispetto verso Giuseppe che gli feci io.

P.M.:  senta ma lei dice cugino, la parentela l’ha desunta lei?

Teste:  Sì.

P.M.:  o la sapeva?

Teste:  No, Giuseppe disse che era cugino e io diedi per buono che era il cugino.

P.M.:  lei in questo verbale fa una affermazione di un certo tipo, lei questo affare lo riconduceva in qualche modo al clan o lo riteneva un affare normale di un imprenditore che stava operando fuori zona?

Teste:  Se è per quel lavoro che stavano facendo là nel Rione Berlingieri, tipo nel Cassano, dove 50 appartamenti io capito che era un fatto di Carlo Simeoli, però comunque a Marano tutto quello che fanno gli imprenditori è sempre indirizzato a Polverino, all’epoca come sapevo io tutti i  lavori, tutto quanto ci stava sempre Giuseppe Polverino in mezzo e tutti gli imprenditori sotto a lui stanno.

P.M.:  perché lei a un certo in questo verbale, quello il 23 aprile del 2014, dopo aver fatto riferimento a questo intervento di Simeoli Giuseppe sull’entità della tangente, dice: “Da ciò desumo che i lavori fossero fatti da Polverino Giuseppe”. Quindi sostanzialmente è una sua deduzione o le fu detto di Peppe Simeoli che quel tipo di affare era un affare riconducibile al clan?

Teste:  Allora l’imprenditore sicuramente era Carlo Simeoli che lo faceva però Giuseppe, non mi ricordo se me l’ha detto e me lo fece capire, che tutto quello che succede a Marano i costruttori di Marano comunque sono indirizzati tutti i Giuseppe Polverino, di tutto quello che si faceva. Qua tutti gli imprenditori danno conto a Giuseppe Polverino e lui era in quel momento Giuseppe Polverino, no in quel momento. Chi parlava con Giuseppe Simioli a Marano era Giuseppe Polverino perché, le ripeto, lui andava in Spagna e tornava e portava le direttive di Giuseppe Polverino, automaticamente… Dottore tutto quello che si fa a Marano, all’epoca, oggi non lo so che succede, era Giuseppe Polverino, sia costruzione e sia altre cose che facevano.

Intercettazioni a carico di Renato Simeoli

Nel corso dell’attività tecnica eseguita venivano registrate numerose conversazioni da cui emergeva la figura di SIMEOLI Renato quale reale gestore dell’attività esercitata dalla società DONNA IMMA RICEVIMENTI nella struttura ricettiva denominata “Villa Borghese” e referente a cui la stessa RUSSO si rivolgeva per le questioni amministrative e contabili.

Numerose erano le telefonate in cui fornitori o semplici avventori contattavano l’utenza intestata al SIMEOLI Renato sia proponendo prodotti e servizi per lo svolgimento dell’attività commerciale sia per conoscere disponibilità e prezzi per l’eventuale organizzazione di eventi.

Appare utile evidenziare che RUSSO non ha mai intrattenuto con i suoi interlocutori, durante il periodo in esame, un tal tipo di conversazioni sebbene la stessa avesse il ruolo di socio unico ed amministratore della società che aveva in gestione la citata struttura.

Nel dettaglio:

In data 21/07/2021 nel corso del prog. n.581 delle ore 13.10 captato in entrata sull’utenza monitorata n. 3204482455 SIMEOLI Renato dava comunicazione della chiusura dell’attività a tale Catia, n.m.i., presentatasi come referente dell’evento “Mia Sposa”, che evidentemente identificando il suo interlocutore nel responsabile della struttura “Villa Borghese”, lo invitava a parteciparvi nel periodo dal 02 al 10 ottobre. Renato a tale invito rispondeva con un diniego rappresentando che il ristorante sarebbe rimasto chiuso almeno per tutto l’anno in corso “ [..] il ristorante a noi è chiuso (ndr. Villa Borghese ricevimenti)..[..]  quest’anno non riapriamo…[…]”.

Dalla risposta del Simeoli “… quest’anno non riapriamo…”, senza alcun rimando ad eventuali informazioni da ricevere da quelli che, almeno documentalmente, erano i gestori, appariva evidente come la struttura Villa Borghese fosse considerata dalla famiglia SIMEOLI come una attività propria.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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