Euro 2016, Francia: scontri, immondizia e timori per il terrorismo: la fotografia di un Paese alla vigilia del match d'esordio

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I BIDONI pieni di spazzatura davanti al Café Flore cominciano a puzzare. “E poi ci lamentiamo che i turisti non vengono più” sospira Catherine, storica cassiera del bistrot dell’esistenzialista Saint-Germain-des-Prés che americani e giapponesi hanno cominciato a disertare dopo gli attentati dell’anno scorso. C’è qualcosa di marcio nel regno di Francia. La monarchia repubblicana per eccellenza, dove il Presidente è sovrano assoluto, è in balia della rabbia e della paura. Arriva Euro 2016, vetrina del paese nel mondo, e i sindacati alzano il livello dello scontro sulla riforma del Lavoro voluta dal governo. I netturbini sono l’ultima categoria ad aver deciso di incrociare le braccia, avvolgendo i boulevards in effluvi simili a quelli di rioni meridionali. Le ferrovie vanno per il decimo giorno di sciopero, i piloti Air France da domani sono in agitazione. “Blocages”, blocchi, è la parola più usata nei comunicati, negli striscioni. Dalle raffinerie alle discariche, la Francia a rischio paralisi al fischio d’inizio.

Il volto dell’impotenza è quello di François Hollande. Per il leader socialista che stasera siederà allo Stade de France i campionati europei di calcio dovevano essere una ripartenza, non un capolinea.”Bisogna capire quando è il momento di smettere uno sciopero” ha detto qualche giorno fa Hollande, senza ottenere effetto alcuno. È venuta in suo soccorso anche la ministra ed ex compagna Ségolène Royal. “Basta caos”. Qualcosa di più di un conflitto sindacale, è una resa dei conti, sinistra vs sinistra. I sindacati più radicali contro la gauche al potere che ha “tradito”. Dietro le quinte si gioca un derby spagnolo. Manuel Valls è di origine catalana, mentre Philippe Martinez, leader del sindacato Cgt, è di Santader. La lotta tra premier e sindacato è insomma una battaglia tra due caratteri focosi, latini e poco inclini ai compromessi. Il governo ha ceduto con i ferrovieri su molti punti ma loro continuano la protesta, che tra l’altro non riguarda la contestata Loi Travail ma l’applicazione di una direttiva europea, così come i piloti Air France si ribellano contro il piano di ristrutturazione.

È la fatidica e temuta “convergenza delle lotte”, una sorta di rappresentazione che la Francia ama tanto mettere in scena, conferma dell’eterno cliché di una nazione in bilico tra autoritarismi e rivoluzioni. E difatti l’opinione pubblica è divisa, patisce i disagi ma comprende la protesta. Si può persino azzardare una lettura diversa: vedere la mobilitazione come un segno di vitalità della società francese che riprende la parola e lo spazio pubblico in un paese sotto minaccia terrorismo e in stato di emergenza, dove in teoria sono vietati raduni e manifestazioni.

Tutto è contraddizione e paradosso nella Francia 2016 sulle barricate e sugli spalti. Perché il tifo ci sarà, eccome. “Favoris” titola con scarsa modestia L’Equipe. Hollande e Sarkozy saranno stasera seduti vicini. Per novanta minuti sarà tregua politica e forse anche sociale. Allo spirito bipartisan mancherà il Front National poco nazionalista quando si parla di sport. Mentre il padre Jean-Marie era inorridito dalla squadra ’98 “black-beur”, Marine Le Pen si guarda bene da fare considerazioni razziste ma non ama il calcio perché, dice, rappresenta “la deriva capitalistica” con giocatori strapagati.

Repubblica

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