Gentile dottore, quasi quarantenne e felicemente sposato, commerciante con l’hobby della vela, in attesa del secondo bimbo, sento di essere grato alla vita che mi ha dato molto. Tuttavia la biografia del neopresidente francese, che ha sposato una donna di oltre 20 anni più matura, mi fa riflettere sulla mia propensione esistenziale, da poco emersa alla mia consapevolezza. La presenza sempre più costante in casa della madre di mia moglie, per l’aiuto necessario durante la gravidanza difficile, mi causa turbamento, mi fa riflettere sull’attrazione verso una donna curata, di una vivida intelligenza, ma che ha appena superato i sessant’anni ed è già proiettata verso la zona grigia dell’anzianità. Questo desiderio latente non mi provoca vergogna, anzi, mi dà gioia. In me aumenta, di giorno in giorno, il trasporto verso questa donna che vorrei ricambiasse i miei slanci. Non me ne frega niente del giudizio etico, che male c’è? Sono una mosca bianca o negli uomini è ricorrente tale sensazione?
Federico (Chiaiano)
Colpa e vergogna sono stati d’animo, emozioni, sono caratteristiche dell’essere umano che, nel suo processo di umanizzazione, è as-soggettato alla legge. Una legge che poggia sulla parola degli uomini, l’unica vera forma che ci differenzia dall’istintualità animalesca. Una legge che diventa “etica” in quanto istitutiva di comportamenti socialmente condivisi, che hanno come presupposto il rispetto dell’altro, cui già San Paolo faceva riferimento. Mi rifaccio ad alcune Lettere di San Paolo e, in particolare, al passo in cui leggiamo “E’ solo la legge a far esistere il peccato”. Questo infatti non esiste nel mondo animale, dove non vi sono regole né limiti e tutto è affidato all’istinto e alla natura. La modalità perversa propria dell’essere umano si fonda sulla logica del godimento immediato, che esclude la mediazione culturale: ci si affida all’istinto, il mito è l’animale al quale tutto è consentito, possibile, e l’impossibile diventa una sfida da vincere. Cosa resta nel cedere all’istinto? Il vuoto, quello generato dall’angoscia che ci rimanda a qualcosa di inquietante, che sfida il limite e straripa nell’ambito ancestrale del rapporto incestuoso. Il limite non va confuso con una logica moralista, di cui non siamo portatori, ma spinge alla riflessione, per poter entrare in contatto con la verità. Solo essa può farci entrare in sinergia con quel senso di colpa e di vergogna, che sembra venir meno in queste situazioni.
Dott. Raffaele Virgilio, psicologo e psicoterapeuta
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