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giovedì, Marzo 28, 2024
Politica e camorra, Maria Licciardi, il prestito ricevuto dai Polverino e quel...

Politica e camorra, Maria Licciardi, il prestito ricevuto dai Polverino e quel politico sostenuto alle Regionali. Gli inquirenti sulle sue tracce.

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Sarebbe, secondo quanto ricostruito finora dagli inquirenti, un amico della famiglia con la passione per la politica. È l’identikit di “mister Duemila voti”, il candidato alle ultime elezioni Regionali su cui aveva puntato le sue carte Maria Licciardi, la donna boss dell’Alleanza di Secondigliano arrestata sabato mattina all’alba mentre, all’aeroporto di Ciampino, era in procinto di partire per Malaga, la città spagnola dove viva la figlia. I carabinieri del Ros, coordinati dal pool anticamorra diretto dal procuratore Giovanni Melillo, indagano su questo patto elettorale che consentì di racimolare un bottino di preferenze, oltre duemila, di tutto rispetto anche se insufficiente a conquistare il seggio.

Si lavora sulle relazioni dell’organizzazione criminale attiva nella periferia settentrionale di Napoli e sulla macchina che si è messa in moto alla vigilia della consultazione che si è tenuta lo scorso settembre. Un sistema che deve aver coinvolto verosimilmente non solo gli affiliati, ma anche imprenditori vicini al clan e galoppini incaricati, se necessario, di acquistare consensi in cambio di denaro. L’esperienza delle indagini più recenti, come quella sul voto a Sant’Antimo, indica in circa 25/50 euro il corrispettivo all’epoca versato agli elettori. Gli investigatori dovranno accertare se, come si desume dalle intercettazioni, le cose siano andate in questo modo anche in occasione dell’ultima tornata regionale. Ma bisognerà capire anche se le cosche stanno già guardando al prossimo appuntamento, quello per il Comune di Napoli.

Di sicuro, Lady camorra era perfettamente informata delle dinamiche elettorali, come si evince dal colloquio del 29 giugno scorso. Quel giorno, Maria Licciardi, soprannominata “la piccolina”, la “scimmia” (come il fratello Gennaro morto in carcere a Voghera nel 1994) o più semplicemente “la zia”, incontra nella sua casa del rione Masseria Cardone un esponente del clan Mallardo di Giugliano. In quella conversazione la capoclan, si legge nel decreto di fermo convalidato ieri dal giudice di Roma Valerio Savio, «dimostra di avere un’approfondita conoscenza dell’andamento delle votazioni».
Infatti, riferendosi alle preferenze racimolate dall’esponente consigliere regionale, sottolinea: «È arrivato a 2100, però in tutta la Campania». Per gli inquirenti, siamo in presenza di un «mirato procacciamento di voti» da parte dell’organizzazione criminale. La donna boss (la cui figura ha ispirato il personaggio di Annalisa Magliocca detta Scianel) chiese sostegno anche alla cosca giuglianese, altro pilastro dell’Alleanza. Ma l’operazione fallì. Il risultato del voto non garantì l’elezione di “Mister Duemila”. Maria Licciardi lo contesta al suo interlocutore che si giustifica: «Qualcosa gliel’ho fatto prendere laggiù… mi sono impegnato… mò a prescindere che non è salito…». Maria Licciardi replica duramente: «No! Ci volevano 2500… e loro non sono arrivati nemmeno a … erano 900».

L’uomo dei Mallardo è convinto di non aver avuto tempo a sufficienza per organizzare una efficace mobilitazione elettorale: «Tu vieni dieci giorni prima…con il coronavirus…io mi sono interessato, eh… Però queste sono cose che vanno preparate assai prima». Il politico è ancora in rapporti con l’organizzazione. Era stato lui a chiedere l’intervento della “zia” perché gli emissari della cosca di Giugliano avevano chiesto di incontrarlo per suggerirgli di stare alla larga da un imprenditore legato ai Casalesi. Dinamiche anche queste, sulle quali i magistrati dovranno fare chiarezza.

Adesso Lady camorra è rinchiusa nella sezione femminile del carcere di Rebibbia. Davanti al giudice Savio si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Una scelta, spiega il suo difensore, l’avvocato Edoardo Cardillo, dettata dal poco tempo a disposizione per leggere gli atti a sostegno dell’indagine. L’udienza di convalida si è celebrata a Roma, tribunale competente territorialmente perché il fermo è stato eseguito a Ciampino. Nelle prossime ore, il fascicolo sarà trasmesso al giudice di Napoli che dovrà rinnovare il provvedimento. Nelle carte raccolte dalle pm Giuseppina Loreto, Celeste Carrano e Antonella Serio, che hanno raccolto il lavoro avviato dalla pm Ida Teresi e riletto gli atti dell’istruttoria del pm Filippo Beatrice (prematuramente scomparso) ci sono molti spunti da approfondire. Dal racket dei clan sulle aste giudiziarie ai rapporti economici fra il clan Licciardi e altre organizzazioni, come i Polverino di Marano che in un momento di difficoltà economica le prestarono 150mila euro. Circostanza confermata da Giuseppe Simioli, pentito e all’epoca reggente del clan, nel corso dell’interrogatorio reso ai pm della Dda pochi mesi fa: «Ricordo che nel 2012-2013 venne Antonio Nuvoletta per dirmi che Maria Licciardi aveva bisogno di 100 mila euro. Ricordo che le mandammo, tramite Antonio, questa somma di denaro che fu poi restituita».

La capoclan pretendeva l’ultima parola su tutto. Ma nel momento del bisogno, non faceva mancare il suo aiuto alle famiglie dell’Alleanza. Come ad aprile scorso, quando la moglie di uno dei capi del cartello camorristico, colpita da Covid-19, è ricoverata all’ospedale Cotugno. Uno dei fedelissimi del boss chiede una mano a Maria Licciardi e lei si mette subito al telefono. Chiama un addetto alla vigilanza e lo invita a contattare un’infermiera per far dimettere la paziente: «Là sopra (in ospedale n.d.r.) si finisce di rovinare. La riportiamo a casa, le mettiamo l’ossigeno, cerchiamo di farla stare meglio in un ambiente familiare», afferma la “zia”. E poi, tanto per far comprendere bene quanto per lei fosse importante la questione, sottolinea: «Ti voglio bene, è come se ci fossi io là sopra».

 

 

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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