Casoria, Consiglio consortile inadempiente: indaga la Corte dei Conti

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Consiglio consortile inadempiente: indaga la Corte dei Conti. Possibili dimissioni di alcuni componenti dell’assemblea su cui aleggerebbero pressioni nel tentativo di evitare una bufera giudiziaria. Pareva cosa fatta e invece, secondo quanto avrebbero accertato gli organismi di controllo anche giudiziari, dalle parole (verbale di consiglio) non si sarebbe ancora passato ai fatti a distanza di quasi un mese dallo specifico mandato che i consiglieri, a seguito di specifico deliberato, avevano indicato agli organi del consorzio tra i comuni di Arzano, Casoria e Casavatore. Nessuna informativa alla corte dei conti né tantomeno la trasmissioni degli atti alla Procura per la ricerca di eventuali notizie di reato. Una posizione che se accertata potrebbe paventare anche diverse ipotesi di reato a carico degli stessi che pur sapendo non avrebbero “controllato” l’operato dei responsabili incaricati di produrre i consequenziali atti. La vicenda ruota attorno al presunto danno erariale per circa 400mila euro e diverse transazione riscontrate palesemente nulle. Il nuovo consiglio consortile, infatti, alla luce degli atti emersi durante approfonditi accertamenti, avrebbe “scoperto” un ammanco dalle casse dell’ente di circa 400mila euro di crediti vantati da parte delle congreghe curiali, in alcuni casi gestite da privati. Secondo i consiglieri, vi sarebbero addirittura atti nulli, viziati e in alcuni casi con lo stesso numero di protocollo tanto da far emergere ipotesi di falso in atto pubblico. “Sotto il profilo della legittimazione alla sottoscrizione delle intese summenzionate – scrivevano i consiglieri durante l’assemblea  del 30 giugno scorso – , si evidenzia la totale carenza di potere dell’allora direttore a vergare queste ultime. Invero, difetta il preventivo atto di indirizzo del Consiglio Consortile, il parere del revisore dei conti, il placet dell’Assemblea e la definitiva sottoscrizione del legale rappresentante del Consorzio. Quanto alla legittimazione a contrarre delle Confraternite, e con riferimento alla transazione priva di data, parimenti è da reputarsi non legittimato alla sottoscrizione del direttore dell’epoca, non rivestendo questi il ruolo di legale rappresentante, e non essendo idonea a tal uopo l’ipotetica delega alla sottoscrizione, da conferirsi peraltro mediante atto pubblico, non rinvenuta in atti in qualsivoglia forma. E “ neppure si comprende  – denunciavano i consiglieri Sepe, Galiero, Muto, Bianco, Salzano, Bruno, Pietrantonio, Russo e Seller – perché essa la Omissis s.r.l. si fosse assunta l’impegno a corrispondere al Consorzio la somma annua di 20mila, né è chiaro perché il Consorzio medesimo ha accettato tale importo sebbene, alla stregua delle vigenti tariffe, avesse diritto ad ottenere dalle prefate Congreghe e per la medesima causale la maggior somma di 60milaper ogni anno”. Ma il paradosso più eclatante –  i redigendi consiglieri e Presidente – concerne l’intesa raggiunta dagli improbabili sottoscrittori dell’atto transattivo privo di data in ordine “al debito accumulato dal 2000 al 2012”, pari a ben 370mila euro, dalle Arciconfraternite. Che, in luogo del pagamento di detta somma, propongono ed ottengono di estinguere il debito con una sorta di datio in solutum: l’alienazione al Consorzio dell’ipogeo della Chiesa madre. In buona sintesi, il Consorzio ha rinunciato a ben 370.000 euro a fronte del fantomatico trasferimento di un bene già di sua proprietà. Solo l’ignaro italo-americano che acquistò la fontana di Trevi da Totò si è palesato più sprovveduto!”. In conclusione, per i servizi resi dagli anni 2000 al 2012, competeva al Consorzio la somma di 370mila euro, laddove per quelli resi dal 2013 al 2016 spettava allo stesso l’importo di 60mila euro. Il tutto per un totale di 430mila euro. Nondimeno, in forza delle richiamate transazioni, il Consorzio ha introitato la misera somma di 30mila euro, nel mese di maggio 2017. Un danno patrimoniale di ben 400mila euro euro, mascherato da due cartule, che, a definire “atti transattivi” si offendono secoli di civiltà giuridica, oltre che la lingua italiana”. Stessa cosa per la diffida inviata nel 2017 al direttore dell’epoca proprio su alcune di queste vicende e mai riscontrata. Insomma, aleggiano nubi nere sul consorzio da decenni alla prese con malaffare e camorra, e non si escludono tempeste.

 Luigi Vanacore

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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