Fummo i primi a scriverlo mesi e mesi fa, ora se ne sono accorti anche i giornaloni: le intercettazioni su Luigi Cesaro, relative al processo per il voto di scambio alle regionali del 2015, non potevano e non possono essere utilizzate. Ieri questa tesi è stata rafforzata ulteriormente dal provvedimento favorevole del Riesame di Napoli, che ha annullato l’arresto per corruzione sollecitato dalla Procura di Torre Annunziata nell’ambito dell’indagine sulla riqualificazione dell’ex area Cirio di Castellammare di Stabia.
Quelle conversazioni però – come racconta Il Fatto Quotidiano – non potevano essere usate in un altro procedimento per corruzione, trasmesso a Torre Annunziata per competenza territoriale, per due ragioni. La prima: non esiste ‘connessione’ e ‘un medesimo disegno criminoso’ tra le due vicende, come richiesto dal codice e da una recente sentenza di Cassazione che ha stretto le maglie. La seconda: il Gip avrebbe sbagliato ad affermare che i decreti autorizzativi delle intercettazioni di Greco coprivano anche i reati di pubblica amministrazione. Il Riesame sostiene invece che le intercettazioni furono disposte per 416 bis contro Greco e nei decreti autorizzativi ci sono solo vaghi e sporadici accenni a probabili reati di pubblica amministrazione. “È la concreta lettura dei provvedimenti di intercettazione a rendere palese come, all’atto della loro emissione o proroga, non sia stato effettuato dal Gip – né richiesto dal pm – alcun vaglio circa la sussistenza di gravi indizi del reato di corruzione”, si legge nel provvedimento che straccia in mille pezzi l’ordinanza notificata il 15 maggio scorso.
E senza le intercettazioni le indagini contro Cesaro potrebbero andare a picco. Quella sul voto di scambio (Marano-Pip), quella di Torre Annunziata ma anche l’ultima inchiesta sulla politica di Sant’Antimo.