Camorra, la paranza scissionista maranese: svelati anche gli ultimi dettagli sull’uccisione di Ruggiero e Castello

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Già delle prime ore successive agli omicidi di Ruggiero e Castello, gli osservatori più acuti avevano le idee chiarissime su cosa fosse accaduto a Melito nel marzo del 2014. Già a quel tempo si scriveva e scrivevamo di regolamento di conti interno agli Amato-Pagano.
Trascorsi due anni anche gli ultimi dubbi sono stati dissolti. Tutto è chiaro: la matrice, il movente e la dinamica degli omicidi di Antonio Ruggiero ed Andrea Castello, in primis grazie alle dichiarazioni dei pentiti Antonio Accurso e Pietro Caiazza. Dopo l’arresto del baby boss Mariano Riccio, la frangia melitese capitanata dal duo Napoleone Renato e Francesco Paolo Russo, alias “Cicciariello”, ebbero campo libero per far fuori il vero leader della paranza dei maranesi, ovvero Ruggiero, ed il suo fedelissimo Castello. Questi ultimi, non potendo più contare sulla protezione dei Riccio né dalle famiglie di Marano per i loro trascorsi di mesi addietro fatte di stese, mortificazioni e pestaggi ai figli di esponenti di spicco delle famiglie del territorio.
Ruggiero fu attirato in un vero e proprio tranello, orchestrato, secondo il racconto dei pentiti, dal furbissimo Cicciariello. Era giovedì 13 marzo dell’anno 2014 ed Antonio Ruggiero fu visto per l’ultima volta sul corso di Narano la mattina a bordo della sua moto T-Max.
Russo pensava che gli uomini di Mariano Riccio volevano farlo fuori, allora partì all’attacco escogitando la trappola. Sparì dalla circolazione per circa 10 giorni, facendo perdere completamente le sue tracce, nessun affiliato sapeva Cicciariello che fine avesse fatto.
Quando “riapparve”, convoco’ Ruggiero in un appartamento di Melito, sostenendo di che non poter uscire perché braccato dalla polizia.
Ruggiero si presentò in buona fede, senza la compagnia dei suoi affiliati e non armato. Nell’appartamento Russo lo attendeva già armato. Lo fece sedere, lo interrogò sulle mire espansionistiche di Riccio e alla fine lo uccise disfacendosi del corpo (fino ad oggi mai ritrovato). Il giorno dopo, venerdì 14 marzo, toccò Andrea Castello, amico fidato di Ruggiero. Castello fu attirato in trappola da Emanuele De Stefano, passato con la frangia melitese. I fatti, secondo i collaboratori di giustizia, si svolsero così. Nel primo pomeriggio del 14 marzo 2014 partirono da Marano Andrea Castello ed Emanuele De Stefano a bordo della Fiat Panda nera di proprietà della famiglia di Ruggiero.
Si recarono nelle palazzine di Melito, in via Cicerone, in cerca di Antonio Ruggiero scomparso nel nulla dal giorno prima. Appena parcheggiarono l’auto, secondo le ricostruzioni, De Stefano scappò lasciando solo Castello e proferendo le seguenti parole: “Andre’ te vonn accirere”. Pochi secondi dopo Andrea è centrato dagli spari di Dario Amirante e Rosica Roberto, detto Robertino, quest’ultimo molto amico di De Stefano. Castello, agonizzante, fu caricato sta bordo della sua Panda e portato a Casandrino. E’ li i killer del clan Amato lo finirono con un colpo alla testa. L’auto fu trovata carbonizzata a pochi chilometri dal suo corpo.
© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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