Marano, scandalo Pip. Di Guida parla del “metodo Santelia” utilizzato da Bertini e che avrebbe dovuto utilizzare anche Liccardo

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E’ il 7 agosto del 2015, poche settimane dopo il voto in aula della mozione di censura nei confronti dell’allora sindaco Angelo Liccardo, dimessosi in conseguenza di quella votazione e poi rientrato in sella qualche settimana dopo.

Le problematiche dell’area Pip, le mancate risposte di Liccardo, le richieste degli acquirenti dei capannoni sono al centro di una conversazione, intercettata dagli inquirenti, tra Antonio Di Guida e Mario Sansone (non indagato, ndr), imprenditore e padre del consigliere comunale dell’epoca Giorgio Sansone.

Di Guida: “Iniziamo a vedere la carte. Devono vedere le carte come stanno, ora se le carte stanno male dobbiamo denunciare chi lo ha fatto male.

Sansone: “Esatto”.

Di Guida: Io non mi sono mai permesso di dire: noi dobbiamo mettere le carte apposto facendo gli imbrogli. Non esiste e ti posso garantire che Dino Pellecchia (non indagato, ndr), che sta sempre all’ufficio tecnico parla con quella, come si chiama?

Sansone: “La Cerotto”.

Di Guida: “Con la Cerotto, che non può vedere i Cesaro. Quella stava a Sant’Antimo, non li può vedere. Sai come mi disse? Disse: “Io non dico che le carte del Pip non si possono mettere a posto, dico che si devono mettere a posto”.

Di Guida: “Ora mi devi spiegare una cosa a me: ma secondo te, faccio un’altra ipotesi, quello che lui non ha mai capito (Liccardo, ndr), perciò è uno….Ma secondo te, Armando Santelia (ex dirigente dell’area tecnica di Bertini, ndr), è stato tredici anni a Marano insieme con Bertini, a capo dell’ufficio tecnico, con Bertini sindaco. Chi ha imperato a Marano? Ha imperato la camorra in tutte le maniere o no? Simeoli, Nuvoletta, Polverino. Hanno fatto quello che cazzo volevano loro? Bertini ha avuto un problema su qualcosa? Ha avuto qualche problema? Chi lo ha avuto? Santelia. Quindi, se tu metti uno all’ufficio tecnico e dici: “Qua tu ti devi mettere e devi risolvere questo problema”. Se quello ti firma una carta, e dice che sta fatta bene, la responsabilità se l’è presa quello, mica tu. A meno che quello non dice: “Mi ha chiamato il sindaco e mi ha detto: ti do l’incarico ma devi mettere le carte apposto in modo fasullo”.

Sansone: “Così coinvolge pure a lui”.

Di Guida: “Coinvolge pure a lui”.

Di Guida: “Allora ti sembra normale questo (riferito a Liccardo, ndr). Perché qualcuno ti ha chiesto questo? Stiamo dicendo questo? Noi le risposte ai cristiani le vogliamo dare o no? Alla città, no ai cristiani”.

Gli inquirenti ritengono che Di Guida continui a sostenere le ragioni dei Cesaro, contestando che l’amministrazione Liccardo non aveva posto in essere alcun atto formale al fine di sanare le problematiche emerse e salvaguardare i diritti delle persone che avevano acquistato i capannoni.

Di Guida evidenzia, poi, in alcun passaggi come all’epoca in cui Bertini era sindaco, l’ufficio tecnico era guidato da Armando Santelia, che a suo dire avrebbe adottato una gestione disinvolta della cosa pubblica con il benestare di Bertini.

Era quello – come ricostruito anche dai carabinieri del Ros – il periodo in cui erano stati commessi una pluralità di abusi al fine di favorire gli interessi dei clan locali, tra cui i Polverino.

Di Guida commentava che, anche se si trattava di condotte in cui era coinvolto Bertini, le ripercussioni giudiziarie (masseria Galeota e Casalanno, ndr) si erano abbattute solo su Santelia, che si assumeva la paternità degli atti salvando Bertini. Per questa ragione Di Guida non comprendeva l’atteggiamento di Liccardo, che non rispondeva alle sue richieste di interventi per mettere a posto le carte.

Secondo gli inquirenti, però, il reale obiettivo di Di Guida era quello di tutelare sopgli interessi dei Cesaro e dei Polverino.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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