I tanti, troppi insegnanti-furbetti della 104

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Si chiama Legge 104 ed è una norma del 1992 che permette a chi è affetto o a chi ha parenti affetti da disabilità, di usufruire di permessi retribuiti per accudirli, assentandosi per un massimo di tre giorni al mese dal luogo di lavoro. Che fa risparmiare un sacco di soldi – circa 33 miliardi di euro, secondo le stime del Censis – al sistema sanitario nazionale: i lavoratori che usufruiscono di questa possibilità sono infatti circa 3,3 milioni che offrono assistenza per oltre 7 miliardi di ore.

Una grande conquista, insomma. Se non fosse che siamo in Italia e dietro le grandi conquiste si nascondono cose strane. Ad esempio: perché nelle imprese private le persone che ricorrono alla Legge 104 sono circa l’1,5% sul totale dei lavoratori mentrenella scuola questa percentuale cresce, complessivamente, sino al 13%? Mistero.

Misteriose sono anche alcune differenze regionali e di categoria, raccolte in un rapporto del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca datato 2015 e diffuse dal sottosegretario all’istruzione Davide Faraone. Perché per i docenti di ruolo la percentuale supera il 10% mentre tra i precari è sotto il 5%? Perché in Sardegna beneficano della 104 quasi due docenti su dieci (il 18,27%), mentre in Piemonte solo l’8,26%? E perché tra il personale non docente questa percentuale sale esponenzialmente, arrivando al 26,3% dell’Umbra e al 24,8% del Lazio?

Sono dati, questi, figli di un’attività di monitoraggio del ministero iniziata a seguito di uno scandalo scoppiato a Menfi, in provincia di Agrigento nel 2014. Accade che all’Istituto “Santi Bivona”, settanta insegnanti su centosettanta risultano malati o beneficiari della legge 104. Oggi di quello scandalo se ne sta occupando la magistratura. In più, però, ci sono numerosi insegnanti pendolari in attesa di diventare di ruolo o di ottenere il trasferimento nella loro provincia di residenza. Questi insegnanti, a quanto dicono, si sono accorti di essere regolarmente superati in graduatoria da colleghi con un punteggio più basso del loro, ma che godevano dei benefici della Legge 104: «È credibile che un numero così elevato di docenti sia affetto da patologie invalidanti?», si chiedevano in un comunicato. Evidentemente no. Perché nelle imprese private le persone che ricorrono alla Legge 104 sono circa l’1,5% sul totale dei lavoratori mentre nella scuola questa percentuale cresce, complessivamente, sino al 13%? Mistero

Nel caso siciliano, tuttavia, c’è una prima, possibile risposta a questa anomalia. Nelle graduatorie scolastiche beneficiare della Legge 104 è un titolo di merito. O meglio: a parità di punteggio, chi ne beneficia ha la precedenza sugli altri, sia nella scelta della scuola, sia nell’entrata in ruolo. Allo stesso modo, consente di evitare di perdere il posto e di essere trasferito. Il sospetto, insomma, è che tra le centinaia di migliaia di persone che hanno effettivamente bisogno di questa tutela c’è chi la usa come rampino per scalare le graduatorie.

Se ciò è possibile, lo è a causa di valutazioni che definire compiacenti è generoso. A decidere se una persona può beneficiare della Legge 104 è infatti una commissione municipale di medici e psicologi che si riunisce presso le sedi territoriali delle aziende sanitarie locali. Teoricamente, tale beneficio dovrebbe spettare solamente ai disabili gravi, ai genitori di un figlio disabile e, in casi eccezionali, anche ai parenti di secondo o terzo grado di persone affette da disabilità molto gravi.

L’eccezione, tuttavia, diventa molto spesso regola. Le testimonianze raccolte tra gli insegnanti interpellati da Linkiesta – che hanno richiesto l’anonimato – svelano una realtà fatta di abusi che, spiegano, per chi lavora nella scuola è segreto di Pulcinella. Ad esempio, riescono a ottenere i benefici della legge 104 genitori di figli celiaci –patologia fastidiosa, ma che di certo non è invalidante, né necessita di assistenza domiciliare – così come nipoti di nonne che abitano a centinaia di chilometri di distanza, e che a meno di avere a disposizione il teletrasporto non possono essere assistite. Alcuni raccontano di colleghi che sono riusciti a ottenere più di una 104, diventando, almeno in teoria, infermieri a tempo pieno. Di altri che riescono a farsela prolungare oltre i due anni previsti dalla legge. Di altri ancora che, posizionando strategicamente i giorni di permesso, ad esempio negli ultimi tre giorni del mese e nei primi tre del mese successivo, usano il periodo di assistenza ai loro “presunti invalidi” per farsi una bella vacanza.

La somma di tutti questi piccoli abusi genera grandi problemi, alla scuola italiana. I dirigenti scolastici sono i primi a subirli. Per chiedere un permesso con la legge 104 non occorre far loro richiesta, ad esempio. E ancora, poiché non possono generare un costo per la scuola, tali permessi non possono essere messi a supplenza. In altre parole, sono ore scoperte. Che si sommano a insegnanti selezionati (anche) in funzione dell’invalidità di un parente.

L’Inkiesta

© Copyright Redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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