Clan Polverino, la corte d’Appello dispone la confisca dei beni

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Non è poi così tanto difficile raccontare tutto ciò che è stato confiscato ai ventitré imputati appartenenti al clan Polverino. Ad essere colpita maggiormente è la fazione che operava nel Comune di Quarto. Tuttavia neanche la stessa famiglia di Giuseppe Polverino, alias «’o Barone» è stata risparmiata.

In sintesi la Corte ha espresso un giudizio severo in merito della confisca dei beni dell’organizzazione criminale, mentre per gli imputati ha concesso un paio d’anni in meno rispetto alle sentenze di primo grado che erano di circa trent’anni. Il tentativo delle difese è andato, in questo passaggio processuale, perduto. Ora ci saranno nuove impugnazioni. Ma andiamo con calma.

Nel processo in Appello del tribunale di Napoli, rito ordinario, le accuse pesanti per gli imputati sono l’associazione di stampo camorristico (416 bis) e l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (articolo 74).
In primo grado, nonostante le pesanti condanne, non erano stati confiscati i beni per la semplice conseguenza della non applicazione dell’aggravante del comma 7 dell’articolo 416 bis che dispone, appunto, la confisca obbligatoria.
Tuttavia, la Corte d’appello, quinta sezione, presieduta da Maurizio Stanziola ha riformato la sentenza confiscando moltissimi beni (case, terreni, società, auto, moto, imbarcazioni). Qui ne riportiamo alcuni esempi.

Le confische eccellenti sono ai danni di Antonio Polverino, alias «Zi’ Totonno» (attualmente è latitante ed è lo zio del «Barone»). Un fondo rustico che si trova a Marano di Napoli di 3000 mq circa su cui persiste un frutteto. Un appartamento in località Rocchetti Simeoli sempre nello stesso Comune. In via Marano-Pianura una casa con un vigneto di 1000 mq (In questo caso Antonio ha presentato anche un’istanza di sanatoria edilizia). Un locale commerciale dato in affitto. Una mansarda. Ma ancora nella parte alta della collina dei Camaldoli: un fabbricato composto da locali adibiti a panificio, appartamenti, depositi per generi alimentari e locali per la vendita al dettaglio. Il supermercato Volto Santo. Un altro terreno sempre in via Marano Pianura e infine due autovetture e due ciclomotori. Al principale accusatore Roberto Perrone (difeso dall’avvocato Domenico Esposito) la confisca dei seguenti beni: un terreno di 900 mq a Quarto, il Parco dei fiori, box e posti scoperti per auto. Alcune società di cui Perrone era in partnership con Castrese Paragliola: La Edil Quarto srl, la Ssd Quarto arl (una società di calcio), un’azienda vitivinicola in via Campana. Ma ancora. L’impresa di costruzioni Sa.Pa.Im. srl, la Sa.Pa. costruzioni di via Marmolito e Atlantide cooperativa edile. Beni di proprietà di Nicola Imbriani: terreni a Quarto e a Castel di  Sangro, villini, appartamenti, autovetture e negozi. Olimpo srl (attività alberghiera, di pensioni e di ristorazione). La Galleria Santa Maria del Comune di Quarto. La Sirio srl società di compravendita sia di plessi industriali sia di abitazioni. Locali commerciali e appartamenti nel Comune di Aulla in provincia di Massa Carrara. Arco srl, un’azienda agricola, edilizia residenziale e locali in via Campana.

 

Mario Conforto

 

© Copyright Mario Conforto, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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