Pillole di storia locale a cura di Arturo D’Alterio. La battaglia di Hamae

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L’assalto al tempio di Hamae, la seconda battaglia epocale dell’agro cumano. Tra fiumi e colline non più visibili, in quanto cancellati dalla scelleratezza umana, avvenne nel 215 a.C. la guerra di Hamae, tre miglia distante da Cuma (1). In questo luogo, vi era il tempio maggiore, tra i più importanti della Campania, dedicato a Cibele, nei pressi di Monte Sanseverino, al confine tra Giugliano e Pozzuoli, al termine della piana di Marano e Quarto (2). Nel quadro della seconda guerra punica, le popolazioni campane, alleate dei cartaginesi, cercarono di impadronirsi di Cuma e del suo territorio, schieratasi dalla parte dei romani. I campani, identificabili nei sanniti, capuani e tribù osche, per raggiungere l’obiettivo, pensarono di agire con l’inganno, più che con la forza. Lo stratagemma che idearono prevedeva di approfittare dei tre giorni dei festeggiamenti lascivi, in onore della divinità orientale Cibele. Hamae era considerato un luogo sacro da entrambi i contendenti, in quanto tempio maggiore dedicato a questa antica divinità, venerata come Grande
Madre Idea (dal monte Ida presso Troia) conosciuta come dea della natura, degli animali (Potnia Theron) e dei luoghi selvatici. Una divinità, dalla doppia forza, creatrice e distruttrice della Natura.

Il culto della dea Cibele fu introdotto dai greci a Cuma, presumibilmente, nel VI secolo avanti Cristo. Ben presto si diffuse tra le popolazioni limitrofe, capuani e sanniti la veneravano con tutti gli onori. Negli accadimenti di Hamae, i cumani risposero con furbizia all’inganno. Non ricusarono l’incontro, per non subire una reazione immediata, di quanto temevano avvisarono gli alleati romanì. Il Console Romano Tito Sempronio, comandante del 1° esercito, di presidio a Sinuessa, diede ordine di accamparsi nella più vicina Liternum. I Campani, per attuare i loro piano, si erano, nel frattempo nascosti nella selva di Hamae,(3) in gran numero, non meno di quattordicimila uomini, sotto il comando di Mario Alfio, “il Medistutico”, supremo magistrato dei campani. Come già successo nella prima battaglia epocale del 495 a C. i culti comuni si rivelarono fatali per i campani. Essendosi fatti trasportare dai festeggiamenti in onore di Cibele e non sospettando minimamente che in questo luogo sacro, da aggressori sarebbero diventati aggrediti, si fecero trovare impreparati allo scontro. Il console Gracco, di notte, fece muovere l’esercito a chiudere ogni
via di fuga. Alle prime luci dell’alba ordinò l’assalto, trovando molti campani ancora stanchi e assonati. Nello scontro, più di duemila nemici furono fatti a pezzi, tra di essi lo stesso comandante Mario Alfio; furono prese trentaquattro insegne militari.

Note
(1 ) La storia romana, Tito Livio Libro XXIII cap. XXXV.
(2) Saggi di varia antichità, Amadeo Maiuri.
(3) Eneide, libro 6., 175 -211. Virgilio descrisse la selva di Hamae, divenuto il bosco della dea Diana, fuori l’antro della Sibilla Cumana, luogo simbolo per arrivare alla conoscenza, chiave di lettura per l’apprendimento.

Dottor Arturo D’Alterio.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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