Camorra, l’estorsione al professionista di Quarto. Il ruolo dei maranesi e le dichiarazioni del pentito Simioli. “Mi curai da lui mentre ero latitante”

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Sono numerosi gli spunti di interesse che si ricavano dalle 16 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Procura di Napoli. Indagini condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Napoli che oggi hanno notificato i provvedimenti, a firma del gip Ciollaro, a Gianluca Troise, già detenuto e condannato per estorsione, e Raffaele Giaccio, noto come Lello Sofia, incensurato ma ritenuto contiguo ai clan di Marano.

Le accuse e i personaggi.

Sono accusati entrambi di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo quanto ricostruito dai militari dell’Arma, avrebbero compiuto un’estorsione ai danni di un noto professionista di Quarto, titolare di uno studio dentistico. I fatti risalgono al periodo antecedente al Natale del 2018. Troise, già da tempo in carcere, è un elemento ben noto nell’ambito del circuito criminale maranese: è già stato condannato (in appello) per un’estorsione compiuta ai danni di un commerciante del comune flegreo ed è noto per essere stato assolto – dopo aver rimediato una condanna all’ergastolo in primo grado – dall’accusa di aver ucciso un uomo, Luigi Felaco, all’interno di un caseificio di Calvizzano.

Giaccio, incensurato, sarebbe stato invece delegato – a partire dal 2017 – dalle fazioni egemoni sul territorio (Orlando-Polverino-Nuvoletta) a veicolare agli imprenditori locali le richieste estorsive. Il 49 enne era un cliente del professionista oggetto delle richieste estorsive e avrebbe fatto da ambasciatore di Troise. “Giaccio mi disse che gli amici di Marano volevano il dovuto per i lavori che avevo eseguito presso il mio studio – si legge in un passaggio dell’ordinanza – e che si erano risentiti perché li avevo conclusi senza essermi messo a posto con loro. Mi disse che da quel momento avrei ricevuto le loro visite tre volte l’anno, ovvero a Pasqua, Natale e Ferragosto. Nei giorni successivi tornò nel mio studio e mi disse che l’importo da pagare era pari a 20 mila euro”.

Anche Troise si sarebbe recato più volte nello studio dentistico di Quarto e in una di queste occasioni avrebbe acconsentito alla riduzione dell’importo dell’estorsione. “Specificai al Troise che non era mia intenzione pagare – si legge in un altro passaggio dell’ordinanza – e che, se avessi dovuto farlo, avrei chiuso la mia attività e mi sarei trasferito altrove. Troise apprezzò la mia franchezza e mi disse che avrei dovuto corrispondere 10 mila euro, da suddividere in due tranches da 5 mila euro. Aggiunse che mi avrebbe inviato un suo emissario. All’uomo che venne da me consegnai una busta contenente 5 mila euro. Pochi mesi dopo Troise fu arrestato e nessuno si è più presentato per richiedere il resto”.

Il ruolo di Di Maro.

Nell’ordinanza si fa anche riferimento a un terzo uomo, Giuseppe Di Maro (indagato a piede libero), alias “Bobby Solo”, elemento apicale del clan Polverino nonché cugino del pentito Giuseppe Simioli. Anni prima dell’estorsione compiuta da Troise e Giaccio, anche Di Maro avrebbe formulato una richiesta estorsiva (per lavori di ristrutturazione edile) al professionista. Sul cantiere, su ordine di Di Maro, si sarebbero presentati due soggetti a bordo di una moto e avrebbero intimato all’odontoiatra di “mettersi a posto con gli amici di Marano”.

Sempre Di Maro, poco dopo, avrebbe condotto l’allora latitante Giuseppe Simioli presso lo  studio dentistico. “Petruocelo”, ascoltato dagli inquirenti, ha confermato l’episodio riconducendolo alla sua necessità di ricevere cure mediche. Simioli pagò per quelle cure, come confermato dalla vittima, e i fatti relativi alla tentata estorsione di Di Maro (non andata in porto perché lo stesso si rese conto che i suoi emissari avevano sbagliato destinatario) non sarebbero collegati. La vittima stava infatti ristrutturando una piccola abitazione, i malviventi invece erano convinti che fosse il responsabile delle ristrutturazione di due villette, che in realtà non erano nelle sue disponibilità.

“Dopo poche settimane dalla tentata estorsione – si legge negli atti emanati dal gip – Bobby Solo si era presentato presso lo studio del professionista di Quarto e gli aveva chiesto se potesse fornire cure odontoiatriche a domicilio ad un suo amico imprenditore che abitava fuori Napoli, specificando che a tutte le apparecchiature tecniche avrebbero pensato loro. Il professionista – scrivono gli inquirenti – aveva subito capito che potesse trattarsi di un latitante del clan Polverino e si era rifiutato di raggiungerlo, accettando tuttavia di effettuare le cure richieste presso il suo studio. Aveva ricevuto per tre volte questo soggetto, sempre di sabato, e aveva riconosciuto in questi Giuseppe Simioli, detto ‘o Petruocelo, anche per la sua spiccata somiglianza al cugino Antonio Simioli, che conosceva personalmente. Il Simioli aveva pagato le cure e non si era fatto più vedere”.

Le parole di Simioli.

Le dichiarazioni di Simioli si sono rivelate fondamentali per definire il ruolo di Di Maro, Giaccio e Troise. In altri verbali, il pentito ha rivelato di essere stato uno dei mandanti dell’omicidio Felaco e di aver ricevuto dal Troise, ritenuto da Simioli l’esecutore materiale del delitto, la notizia della sua esecuzione durante il periodo della sua latitanza.

Quanto alla figura del Di Maro, Simioli ha confermato di averlo destinato, per scelta condivisa con Giuseppe Polverino, prima del suo arresto, alla gestione delle estorsioni condotte dal clan. Quanto a Giaccio, invece, il pentito ha dichiarato che era in passato titolare di una ditta di impianti elettrici e di videosorveglianza ed era un uomo di fiducia di C.S., titolare di una nota attività commerciale e di averlo più volte trovato nel suo deposito. Giaccio, secondo il racconto di Simioli, era una persona che si occupava di “bonifiche” per microspie e telecamere. Nel verbale del 19 febbraio del 2021, Simioli Giuseppe afferma che alle sue dipendenze, come addetti alle estorsioni, c’erano Cristofaro Candela, Di Maro Raffaele, Luigi Cerullo, Antonio Granato e ha anche confermato quale fosse il ruolo di Troise all’interno del clan. L’uomo, secondo il suo racconto, si sarebbe affiliato al clan dopo gli arresti del 2011 in quanto utile per la sua spregiudicatezza ad usare le armi e aveva scalato rapidamente le gerarchie, fino ad eseguire, su suo mandato, l’omicidio di Luigi Felaco, detto Ginetto Nazzaro.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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