E’ notizia di qualche giorno fa dell’ennesimo furto compiuto a Marano. I ladri sono entrati in un parco, indisturbati, hanno fatto poi irruzione in un piccolo deposito e sono andati via con uno scooter e attrezzi per un valore di circa 4 mila euro. Ogni giorno si segnalano casi analoghi.
Dal tentato rapimento del figlio di un noto imprenditore qualche mese fa ai furti d’auto e pneumatici in strade adiacenti alle vie principali, fino ai furti in appartamento e garage in parchi privati con videosorveglianza. Pochi giorni fa, in pieno giorno, si registrò anche il tentativo di furto di una Fiat Panda nel piazzale di fronte il liceo Segre’, poi ripreso dagli alunni di una classe .
Marano era un tempo territorio di camorra, mafia di tagli imprenditoriale, dove non si muoveva foglia se il boss di turno non voleva (e il boss non voleva la microcriminalità) poiché il paese doveva essere tranquillo. Tranquillità apparante per avere campo libero su altri traffici: droga, mattone e altro.
I riflettori non dovevano accendersi su Marano, perché boss e affiliati dovevano portare avanti i propri affari. La microcriminalità non era concepita e accettata. Ora, invece, Marano e’ palestra della microcriminalità, come tante altre città di Napoli nord, dove chiunque può esercitarsi grazie all’assenza di qualsiasi forma di controllo, all’imperante disordine urbano, alla mancanza di uomini, risorse, telecamere e di volontà politica. C’è poco in giro: qualche prete (in qualche caso politicizzato), un giornale che denuncia, qualche singolo esponente di associazioni di volontariato e partiti. Qualche docente. E poco altro.
Ma bisogna anche porsi un’altra domanda: è una microcriminalità che si muove liberamente invadendo spazi vuoti e che ben presto troverà una propria struttura e gerarchia o siamo di fronte ad una microcriminalità che ha ottenuto un lasciapassare dai vecchi ”signori” che necessitano anche di piccole entrate visto che i grandi business del passato sono solo un lontano ricordo?