Marano, Visconti e gli ex assessori firmano un ricorso di 32 pagine, ma pieno di lacune e poco incisivo. Ecco cosa ne viene fuori

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Lo hanno firmato i seguenti ex amministratori: Rodolfo Visconti, Paolo D’Alterio, Francesco Rea, Bianca Perna, Francesca Sabia e Marinella De Nigris. La loro firma compare sotto il ricorso, che si compone di 32 pagine, depositato al Tar per il tramite dell’avvocato Giovanbattista Iazeolla.

Ed è un ricorso che, a nostro avviso, ormai esperti di Tar, ricorsi e scioglimenti, ha scarse chance di essere accolto. E’ un ricorso contro lo scioglimento per camorra, quello presentato dagli ex amministratori, alquanto lacunoso in più parti. Ci vuole ben altro per smontare un provvedimento firmato dal Capo dello Stato e proposto dal Viminale.

Cosa emerge dall’atto inviato al Tar? Innanzitutto una cosa non vera: è scritto, infatti, che la commissione ispettiva inviata al Comune dal prefetto Valentini non ha ascoltato rappresentati del Comune che avrebbero potuto spiegare alcune cose. Falso: gli ispettori della prefettura hanno ascoltato, in realtà, l’ex dirigente dell’area tecnica Pasquale Di Pace, l’avvocato convenzionato del Comune, Raffaele Manfrellotti, l’ex dirigente comunale Luigi De Biase, una dipendente comunale, attualmente in servizio, e sono stati in costante contatto con l’ex segretaria generale Paola Pucci.

Nel ricorso si fa poi riferimento al caso del Giudice di Pace, più volte sollevato dal nostro giornale. I ricorrenti evidenziano il fatto che uno dei titolari del terreno su cui è sorta la struttura e che hanno vinto un ricorso contro il Comune sia l’avvocato Antonio Cavallo, attuale assistente del parlamentare 5 Stelle Andrea Caso. La vicenda del Giudice di Pace non è inserita nelle pagine della relazione che ha portato allo scioglimento del municipio non perché non sia un fatto importante (è importantissimo), ma perché – più semplicemente – non ha alcuna attinenza con gli aspetti mafiosi presi in esame dagli 007 della prefettura.

I ricorrenti, inoltre, sostengono che sia stato proprio il deputato Caso a richiedere l’invio di una commissione ispettiva. Vero. Ma ciò è prerogativa di qualsiasi parlamentare italiano, in special modo dei componenti della commissione nazionale antimafia. Il parlamentare può proporre, ma è facoltà del prefetto di Napoli decidere se inviare o meno una commissione ispettiva al Comune. Il prefetto di Napoli, prima di optare per l’invio, ascolta anche il parere del Procuratore capo della Repubblica di Napoli e i massimi rappresentanti delle forze dell’ordine della provincia. In una fase successiva, inoltre, i rappresentanti istituzionali su richiamati esprimono anche un parere sull’ipotesi di scioglimento e tutti, nessuno escluso, si è pronunciato per lo scioglimento di Marano. Paventare che Caso abbia in qualche modo esercitato “pressioni” o comunque abbia sostenuto la tesi dello scioglimento equivale a dire, nei fatti, che il prefetto di Napoli si sia fatto condizionare. E ciò non è vero.

Nel ricorso, infine, i sottoscrittori fanno riferimento a un lungo elenco di atti amministrativi adottati dal Comune che testimonierebbero l’assoluta estraneità a contesti di mafia. La giurisprudenza ha tuttavia chiarito, già da tempo (si vada alla voce sentenze del Consiglio di Stato), che basta anche un solo provvedimento o una sola anomalia amministrativa, che abbia in qualche modo agevolato soggetti controindicati, per avallare la proposta di scioglimento.

E’ vero, infine, per ciò che riguarda il capitolo parentele che essere parenti di un mafioso non significa un bel nulla. Ma nella relazione fin qui letta non si parla solo di parentele scomode, ma anche di frequentazioni da parti di ex amministratori con ambienti controindicati e con pregiudicati.

Il ricorso, così come proposto, è a nostro avviso poco o per nulla incisivo. Di solito non ci sbagliamo, ma staremo a vedere.

© Copyright Fernando Bocchetti, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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