Di Maio, il discorso di addio e le coltellate contro i “traditori”

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Ieri, in occasione della presentazione del “Team Futuro”, Luigi Di Maio ha pronunciato il suo discorso di addio da capo politico del Movimento 5 stelle. Un discorso che, confessa Di Maio, ha iniziato a scrivere un mese fa. Non dice nulla di nuovo sul futuro del Movimento, se non qualche frase di circostanza tesa a ricompattare un partito lacerato. “Fiducia in noi stessi”, “Dibattito costruttivo”, “Eravamo impreparati ma siamo sempre stati onesti”: queste le parole d’ordine di un discorso in cui si rivendicano alcune battaglie portate avanti dal Movimento, ma non vengono spiegate le ragioni delle dimissioni (solo un vago e laconico “per favorire gli Stati Generali”). Di Maio esprime una sorta di fiducia al buio nei confronti del suo successore, che fino agli Stati Generali di marzo sarà Vito Crimi, viceministro dell’Interno. Successivamente iniziano le stoccate all’indirizzo di chi ha lasciato il Movimento in forte polemica con la sua leadership.

“C’è chi è stato nelle retrovie e, senza prendersi responsabilità è uscito allo scoperto solo per pugnalare alle spalle. Non mi sento un ingenuo, ma preferisco essere ingenuo che imbroglione“, afferma Di Maio, che poi parte all’attacco contro chi ha criticato l’operato dei probiviri e non ha rispettato le regole del M5s (come quelle sulle restituzioni), accettate al momento della candidatura. Chiede pudore, Di Maio, a chi vuole distruggere il Movimento dall’interno. E poi chiede ai “traditori”: “Se sei arrivato in Parlamento con Rousseau, perché una volta entrato nelle istituzioni lo critichi?”. Infine assicura che rimarrà alla Farnesina e garantisce la vita del governo Conte II fino al 2023, quando – dice Di Maio – “i cittadini potranno valutare l’azione del M5s”.

© Copyright redazione, Riproduzione Riservata. Scritto per: TerranostraNews
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