La scuola lo rifiuta, ma lui ci va lo stesso, perché lì c’è la sua fidanzatina. Mentre se ne va, insieme a suo fratello e ai suoi due amici, alza il braccio al cielo e brandisce una pistola. Non dice niente, ma il messaggio è chiaro: «Qui comando io». E chi conosce quel ragazzino, a Casal di Principe, sa che non c’è bisogno di parlare per conferire a quel gesto una simbologia tutta «casalese». Il ragazzino protagonista della scorribanda all’Istituto tecnico «Carli» è il nipote di un boss della mala locale.
Non un presagio, ma una visione analitica di un territorio dove la malavita è anti-cultura incacrenita. Ma è solo una delle chiavi di lettura dell’inquietante episodio del quale sono ritenuti responsabili il nipote del camorrista, suo fratello e altri due ragazzini. Hanno tra i quindici e i sedici anni. Hanno il coraggio di entrare in una scuola con una pistola a salve priva del tappo rosso, di quelle che all’apparenza sembrano armi vere. E vera è sembrata quella pistola ai professori che hanno assistito alla scena.
Terrorizzati, mentre il ragazzo alzava l’arma e si allontanava, scortato dagli altri adolescenti, attraversando lentamente il cortile della scuola. Gli insegnanti devono aver temuto per l’incolumità propria e degli alunni. Hanno chiamato i carabinieri. Ieri tre dei quattro protagonisti della vicenda sono stati identificati. Solo il nipote del boss, unico ad aver brandito l’arma, è stato denunciato alla procura dei minori per la pistola modificata. Gli altri, nel concreto, non hanno commesso alcun reato.
I genitori del ragazzino, che a quanto pare sono entrambi incensurati nonostante uno dei due sia figlio del boss, convocati in caserma si sono mostrati dispiaciuti per quanto accaduto. L’episodio è stato segnalato ai servizi sociali.