“Mi fa piacere che tu abbia tutte queste certezze. Quando sarai ministro dell’Interno, deciderai tu». Palazzo Chigi, sala del Consiglio dei ministri. Matteo Piantedosi, capo del Viminale, ha appena finito di leggere la sua informativa sui comuni che andranno al voto in primavera (l’11 maggio). Quando prende la parola Francesco Lollobrigida, titolare dell’Agricoltura ma soprattutto esponente di peso di Fratelli d’Italia, seppur più defilato negli ultimi tempi. E gli animi si surriscaldano. I due si parlano addosso, racconta al Messaggero più di una fonte, alzano la voce. Tanto che a riportare la calma deve intervenire una Giorgia Meloni «infastidita» dall’alterco, la definisce qualcuno.
Il casus belli? Il mancato scioglimento per mafia del comune di Bari. Comunicato da Piantedosi una decina di giorni fa perché, dopo mesi di approfondimenti da parte della commissione d’accesso incaricata dal ministero dell’Interno di verificare la possibile infiltrazione del capoluogo pugliese (guidato dal centrosinistra) da parte della criminalità organizzata, non sono emersi elementi sufficienti per decretare il commissariamento. La vicenda era esplosa un anno fa, dopo l’arresto di 130 persone a seguito di un’inchiesta della dda barese, che svelò un presunto intreccio tra mafia politica con scambio di voti alle Comunali del 2019. Un caso che il centrodestra locale aveva cavalcato, anche nell’ottica delle prossime regionali in Puglia (in autunno).
LA CONTESTAZIONE
Ed ecco la contestazione di Lollobrigida: quando al governo c’era la sinistra, avrebbe detto il ministro meloniano, scioglieva comuni guidati dalla destra «per molto meno». E anche lo stesso Piantedosi avrebbe sciolto diversi comuni guidati dal centrodestra. Il riferimento, secondo alcuni, sarebbe ai casi di Aprilia e Nettuno. Perché invece fare un favore a Decaro, sarebbe suonata la critica di Lollobrigida? «Devi proprio spiegarmelo», avrebbe detto a Piantedosi.